lunedì 14 settembre 2009

Le mie missioni...parte sesta

Ci sono ricascata....

Anche questa volta i mesi sono passati senza aggiungere l' epilogo, forse, a questa serie di racconti...

Non ho una grande memoria: alcune persone conservano, scolpiti nella loro mente fatti, luoghi, conversazioni con il ricordo addirittura delle parole pronunciate.... ciò non accade a me!!
Ma di quel periodo, fine anni '60, ho un ricordo ben netto..

Come ho scritto nel post precedente la missione era turbata, io aggiungerei funestata, dalla presenza di questo esperto che con l'aria di voler ascoltare tutti con aria benevola, quasi da confessionale (eh sì perché era un ex prete) provocava, invogliava a fare commenti.....

In più, da vero censore della morale, riportava al nostro capo tutti quegli atteggiamenti, conoscenze ed amicizie che a lui sembravano poco...convenienti....

Io stessa ne sono rimasta danneggiata con relativa "punizione"..

Infatti fui mandata a svolgere il mio lavoro fotografico sullo scavo in una realtà molto scomoda dal punto di vista professionale, infatti dovevo lavorare in un prefabbricato con pavimento di legno ( e questo mi dava fastidio per via della stabilità, infatti prima di scattare le mie foto dovevo stare ferma altrimenti ballava tutto e le foto potevano risultare mosse) e per la corrente elettrica fornita a fasi discontinue da un generatore.....

Ma non fu neanche quello il problema più grosso: la nostra restauratrice, giovane e molto brava nel suo lavoro, si ritenne al centro di un complotto di cui, secondo lei, io facevo parte.....

Illazione del tutto gratuita ma che portò a risvolti sgradevoli in tutti i sensi.....

In missione si tende a instaurare rapporti amichevoli: si è lontani da casa, si è tristi, si tende a fare delle confidenze personali ed è quello che avvenne tra me e lei...

Io le raccontai i "fatti" miei e lei fece altrettanto ma.... quando si creò questo clima pieno di tensioni la cara ragazza raccontò tutto quello che le avevo confidato al tizio di cui parlavo prima con il risultato che quando tornai in Istituto per un breve periodo di stacco durante le vacanze natalizie tutti e dico tutti sapevano i miei fatti personali....

In più la restauratrice in questione decise di interrompere il suo rapporto di lavoro che doveva svolgersi nell'arco di sei mesi e si impegnò, per fortuna nostra , a trovare un sostituto attingendo alle risorse che le venivano offerte dall'Istituto di Restauro di Faenza che lei stessa aveva frequentato.....

Il primo candidato contattato non poté venire a lavorare per noi in quanto doveva soddisfare gli obblighi di leva e quindi ne trovò un altro che, pur frequentando l'ultimo anno di scuola e precisamente il biennio di restauro, poteva impunemente assentarsi dalle lezioni per un periodo di tre mesi.....

Fu così che questo aspirante restauratore venne a Torino per prendere contatto con i capi del mio Istituto e per definire tempistiche e compensi.

Mi recai quindi pressi i locali del Centro Scavi per vedere che faccia aveva in quanto ci dovevamo incontrare a Roma (lui veniva da Faenza) per proseguire il viaggio fino a Baghdad...

Me lo ricordo ancora: impermeabile di plastica bianco, pantaloni a zampa d'elefante (erano gli anni '70) barbone nero (cresciuto a seguito di un incidente automobilistico che gli aveva impedito di radersi per parecchio tempo) massa di capelli ondulati e ...occhio basso.....era un timido almeno all'apparenza.

Devo dire che sul momento non mi ispirò alcun sentimento, neanche di simpatia...mi era completamente indifferente e a lui apparii come una madre di famiglia con almeno due figli..così mi disse ( devo dire che allora ero bene in carne e non precisamente un mostro d'eleganza!!)..

Certo che come esordio per quello che poi diventò il mio grande amore non era il massimo!!!

Ci ritrovammo all'aeroporto romano: io stavo friggendo perché l'aereo doveva partire di lì a poco e lui...NON ARRIVAVA!!!!

Finalmente lo scorsi che veniva al seguito di un facchino (i trolley non erano ancora stati inventati) olimpico e completamente rilassato......

Mi ricordò in seguito che gliene dissi di tutti i colori....

Il viaggio di rientro a Baghdad si volse almeno per me con un senso di angoscia perché ero conscia che l'atmosfera che vi avrei trovato non sarebbe stata delle migliori ma non sapevo ancora che durante quei mesi che seguirono, fino a Pasqua, la mia vita sarebbe cambiata.....

mercoledì 15 aprile 2009

Le mie missioni...parte quinta

Ebbene sì ho fatto passare parecchi mesi dall'ultima puntata anche se avevo promesso di non farlo!!!!

Sono andata a rileggere cosa ho raccontato nel post precedente solamente per non ripetermi ed ora altri avvenimenti mi vengono in mente.

La casa della missione, la prima, era circondata da un piccolo giardino curato da Gheorghis un vecchietto dell'età di circa 200 anni tanto appariva anziano e cadente.

I suoi due figli lavoravano da noi come camerieri, ma la sua era una "dinastia" di camerieri che prestavano servizio presso le case di altri italiani, per lo più dipendenti dell'ambasciata e, a modo loro, masticavano un po' di italiano misto ad arabo.

Un giorno arrivò Just, chiamato così per abbreviarne il nome, ma il nome completo sarebbe stato Just Arrived.

Infatti costui, che poi era un delizioso cucciolo di cane giallo, come quasi tutti i cani iraqueni, credo fosse stato messo di proposito nel nostro giardino seguito a ruota da un altro che, malati come eravamo di nostalgia, fu subito battezzato Valentino, sicuramente fratello dell'altro.

Ma era una Valentina.

Furono accuditi clandestinamente, considerando l'avversione del nostro capo per i cani (quelli che circolavano vicino allo scavo erano veramente pericolosi) e arrivato il momento del rientro si prospettò il problema delle vaccinazioni e di tutte le rognosissime pratiche relative per il trasporto aereo.

E perché????

Perché un'archeologa che stravedeva per gli animali aveva deciso non solo che se li sarebbe portati in Italia ma che IO, che tanto stavo a casa, potevo interessarmene.

Non so ancora come riuscii a fare tutto, ma il nostro fido Gibrail, uno dei figli di Gheorghis, mi accompagnò presso un centro veterinario per le pratiche relative.

Di quel centro ricordo solo un medico veterinario (spero vivamente che lo fosse) con il braccio infilato fino all'ascella nella parte posteriore di una mucca......

Poi recuperai una cassetta vuota di Blak and White che fu il "trasportino" destinato ad accogliere due cuccioli verso il loro dorato destino italiano.

Poi fu la volta di Mau Mau una sdegnosa gatta che girava sempre nel cortile.

Sdegnosa perché non si lasciava avvicinare ma che gradiva i nostri avanzi.

Ad un certo punto cominciò a lievitare per cui tutti eravamo ansiosi di assistere al lieto evento.

Non so come si infilò in camera mia e, approfittando dell'anta aperta di un armadio, si posizionò sulla mia biancheria e LI' le si ruppero le acque.

Non paga di ciò venne a partorire sotto il mio letto per cui passai tutta la notte a vedere cosa combinava......nel caso potessi essere utile in qualche modo.

Anche lei fu una clandestina questa volta alloggiata con i suoi deliziosi 4 cuccioli nella sala dei disegnatori.

Le portavo da mangiare (si degnava di accettare) ed intanto contemplavo i piccoli che crescevano a vista d'occhio.....

Un giorno al mio rientro a casa, probabilmente ero andata al suq, salendo le scale che portavano al mio gabinetto fotografico vidi il primo cucciolo morto ed ad uno ad uno dislocati sulle scale anche tutti gli altri.

In casa era stato intrappolato il maschio che li aveva uccisi per poter disporre della madre, e non riuscendo a trovare una via di fuga era diventato veramente pericoloso.

Per fortuna c'era un traduttore di caratteri cuneiformi alto 2 metri che lo affrontò tenendo in una mano il coperchio del bidone delle immondizie a mo' di scudo e nell'altra un tubo di cartone destinato a contenere dei disegni come se fosse stata una spada.

Il gatto valutando l'altezza dell'avversario, si era posizionato sul mobile più alto per attaccarlo ma per fortuna fu messo in fuga.

Sono passati veramente tanti anni ma il ricordo di quei corpicini straziati è ancora vivido nella mia memoria.

La nostra vita sociale non era molto attiva ma soprattutto era noiosa.

Ricordo ancora quei ricevimenti presso l'ambasciata ambasciata che aveva stufato veramente tutti tant'è vero che un anno mio rifiutai di portare abiti da sera per avere la scusa di non parteciparvi.

La nostra vita trascorreva tranquilla: ognuno faceva il suo lavoro e ce n' era veramente tanto e quindi a parte qualche gita nei dintorni, opportunamente organizzata con i vari permessi della Soprintendenza iraquena, non succedeva nulla di eclatante.

Solo un anno ci fu un problema abbastanza grave che ci toccò abbastanza da vicino.

Un carico di grano da semina trattato al mercurio (per preservarlo dalla marcescenza) e destinato alla semina era stato inviato al popolo iraqueno dagli Stati Uniti che allora erano un stato amico di Saddam .

Il guaio fu rappresentato dal fatto che ad un certo punto questo grano ( per ignoranza e mancanza di informazione) fu dato in pasto alle galline ed altri animali di casa che puntualmente morirono alcuni furono furono gettati nel fiume inquinandolo e causando la moria anche dei pesci ed altri mangiati.

Il nostro cuoco non sapeva più cosa portare in tavola e il ricordo dei bei pranzetti che ci preparava era ricorrente al confronto di quello che riusciva a cucinare!!

Ma questo era il meno rispetto a quello che era capitato a coloro i quali avevano mangiato gli animali avvelenati!!!

Verso la fine degli anni 60 anche la vita della nostra missione fu turbata (è un gentile eufemismo) dalla presenza di un membro arrivato in qualità di esperto e di cui non posso dire nulla di più in quanto è ancora vivente, che seminò zizzania ovunque gli capitasse di passare.

In qualunque ambiente basta una sola di queste persone per rendere difficile la convivenza......