lunedì 15 dicembre 2008

Le mie Missioni..... parte quarta

Forse qualcuno si chiederà:" E che ci azzecca (alla Di Pietro!!!) questa testa di gesso con i miei lavori in Iraq?

Invece è pertinente......


Nel Museo di Bagdad c'era una specie di laboratorio, che ovviamente non ho mai visto, perché l'accesso di parecchi locali (depositi, restauro ecc.) è proibito al pubblico . in cui venivano fatte le copie in gesso dei reperti più belli ed interessanti esposti nelle sale del Museo.

Ora io non ricordo assolutamente quanto l'ho pagata, e grazie a chi ne sia venuta in possesso.....


A quei tempi spedivamo, quando ritornavamo in patria, delle casse in legno e molto grandi fatte fare appositamente per noi della missione e grazie alle quali sono riuscita a portare a casa oggetti ingombranti che mai avrei potuto trasportare con i mezzi tradizionali.....

Ora questa bellissima copia in gesso raffigura la testa di una statua rinvenuta negli scavi di Hatra, nord Iraq, si trova nell'ingresso di casa mia, unitamente ad altre due ma di interesse minore (una paperella sempre di gesso ma dipinta in nero nera ed una statuetta raffigurante un Gudea stante con le mani incrociate e con il gonnellino recante scritte cuneiformi.

Forse nelle foto precedenti sarà stato possibile notare delle leggere ammaccature, mai restaurate, pur essendo mio marito restauratore appunto, dovute ai colpi di cuscino dei miei figli che si inseguivano per la stanza.

La testa è quasi volata per terra ed io ho pensato: "Ma guarda, tanta fatica per imballarla, farla arrivare a casa dei miei, poi il trasloco nella casa in cui sono andata ad abitare quando mi sono sposata, ed infine l'ultimo trasloco qui, e questi due sciagurati a momenti me la distruggono!!!!!!"

Devo dire che ho ringhiato a lungo!!!

La foto che appare qui sotto rappresenta la locandina della mostra omonima che fu inaugurata a Torino circa 20 anni fa.

Non so come il Centro Scavi non aveva una foto decente della statuetta con corpo in alabastro e testa in oro, per cui mi incaricarono di fotografarla anche se ero già in pensione da qualche anno.

Ricordo che diversi funzionari della Soprintenda assistettero all'apertura della cassa che la conteneva e la qual cosa mi creò una sorta di apprensione anche perchè sono abituata a lavorare da sola, senza che nessuno mi stia tra i piedi o tantomeno che mi osservi.

Le riprese in bianco e nero e diapositive a colori di 6x7 cm dovevano essere non solo perfette ma non ammettevano replica, altro che le digitali e tutto quello che la tecnologia odierna offre!!!

Adesso, pur usando io la digitale e benedetto il momento in cui è stata inventata, posso dire e con cognizione di causa che tutti possono essere dei bravi fotografi, ma in campo archeologico oltre al buon uso del mezzo, entra in campo l'appropriata illuminazione che metta in evidenza le particolarità, non sempre ben evidenti del reperto che si deve documentare.

Come mi è capitato in seguito anche con il mezzo digitale, le riprese devono essere subito buone anche perchè non c'è il tempo di effettuare dei ritocchi con photo-shop anzi in più sempre ho scaricato la Cf direttamente sul pc dell'archeologa con cui stavo lavorando.


Sono riuscita a trovare in rete alcuni degli oggetti degli scavi, come questo deliziosi cestino in ceramica invetriata.

Purtroppo le dimensioni delle foto postate sono veramente poco omogenee ma non ho potuto, o saputo, fare di meglio....

Qui sotto è raffigurata la copertina di una importante opera del Prof. Invernizzi,una delle tante, articolata in tre grandi tomi e contenente tutte le mie riprese relative ad un tema specifico: le bullae.

Ripeto le dimensioni delle foto postate sono varie, ma i reperti raffigurati sono grandi come un'unghia. Delle bullae ho parlato in precedenza e quindi qui non mi ripeto.




A sinistra sono rappresentati gli scavi di Tell Omar, che furono sottoposti a restauro.

Infatti ad un certo punto la missione si allargò parecchio e cominciarono ad arrivare gli "esperti" profumatamente pagati,che furono appunto ingaggiati per il restauro del sito che ho menzionato.

E' possibile vedere dalle foto l'andamento urbanistico che, essendo costruito con mattoni di terra essiccata al sole, era inevitabilmente soggetto al degrado atmosferico.

Di pioggia neanche a parlarne, ma le tempeste di sabbia che "accarezzavano" sicuramente con veemenza tutto ciò che incontravano non era certo una cura di bellezza per certi siti archeologici.

Gli operai sullo scavo sistemavano in una cornice quadrata della terra impastata con acqua e quando questa forma si era sufficientemente compattata, veniva sfilata dalla forma e messa a seccare al sole.

Ricordo che arrivò un chimico, un ingegnere minerario, un architetto, vari altri "esperti" e un altro fotografo, che doveva fare le riprese fotogrammetriche e aiutare me nelle riprese dei reperti una volta finito il suo lavoro, cosa che non fece continuando a cincischiare con le sue lastre fino a quando il suo capo mi chiese se c'era collaborazione.

Quando gli dissi che di collaborazione non ce n'era proprio lo spedì a fotografare e lo fece fino mezzanotte.

Vennero anche le mogli degli esperti, non ricordo a quale titolo, probabilmente si pagarono il viaggio e le spese di soggiorno visto che il periodo di permanenza dei relativi mariti era di circa tre mesi.

Vennero anche degli archeologi da Roma e dalla Sicilia (non ricordo la città) che non legarono assolutamente con i colleghi di Torino per cui il clima spesso era abbastanza teso.

Gli scontri non dico fossero all'ordine del giorno, ma abbastanza frequenti.

Litigavo spesso con la preistorica che era venuta da Roma e che era risentita nei miei confronti in particolare e con la Missione in generale, perché non facevo le riprese dei suoi reperti al museo e non stampavo le foto relative.

Io del resto ne avevo avvastanza del mio lavoro per cui non mi sognavo certamente di accollarmene dell'altro!!!

In più mi scroccava sempre le sigarette.

Una mattina stavamo andando tutte e due al Museo e mi disse :" Dammi 5 o 6 sigarette così mi bastano tutta la mattina" e a quel punto gliene dissi quattro.

In seguito stipulammo un patto di non belligeranza che sopravvisse anche all'incendio da lei provocato nella mia camera.

Non avevo mai comprato un asciugacapelli in quanto in missione ce lo scambiavamo.

Quell'anno invece feci la spesa pazza, ahahah, e ne acquisti uno da poco prezzo.

Un giorno la mia, chiamiamola così, amica me lo chiese in prestito e visto che la mia camera era vicina al bagno, dopo essersi lavata "il capello" come diceva lei, e fatta la tinta venne ad finire l'operazione di asciugatura sempre in camera mia.

Peccato che per andare a controllare il colore in bagno avesse lasciato il phon acceso nel letto che aveva il materasso di plastica per cui, dopo essersi contemplata a dovere davanti allo specchio, tornando sui suoi passi trovò la stanza in fiamme.....

Per fortuna io ero nel gabinetto fotografico per cui mi persi la scena, ma il puzzo di bruciato me lo ricordo ancora.

Dovette far ridipingere la stanza, ripagarmi i danni di tutto quello che l'incendio aveva distrutto, non molto, per fortuna!!

Purtroppo devo raccontare ancora altre cose prima di parlare dell'incontro con quello che sarebbe diventato mio marito, ma giuro che non farò passare altre 4 mesi prima di farlo.

Alla prossima!!!