giovedì 4 settembre 2008

Le mie missioni... parte terza

Questa e le foto che seguono sono state scattate in occasione dell'inaugurazione della mostra, avvenuta nel febbraio del 2007 a Torino a Palazzo Madama.

Qui sono raffigurati alcuni mebri della Missione.

Al centro, con gli occhiali da sole, il prof Gullini che ormai non c'è più.... una perdita incalcolabile!!!!

La qualità delle foto è scadente in quanto le riprese sono state effettuate durante lo scorrimento di un video che mostra le varie tipologie di bullae.....

Che ho fotografato a migliaia....

Le bullae sono degli gnocchetti di argilla dalla grandezza variabile, da un'unghia fino alla dimensione di una grossa noce, su cui furono impresse varie figure e scritte in greco.....

Da un minimo di una fino ad una ventina, tutte fotografate ad una ad una....

Furono studiate, inventariate, ne furono fatti calchi e il risultato di questi studi è apparso in una grossa pubblicazione in tre volumi, suddiviso per tipologie.....

Ritratti semplici, doppi, figurine, mascheroni, animali .... e scritte in greco

Le ho fotografate in bianco e nero....

Le ho stampate in scala....

Le ho fotografate a colori, diapositive....tutte macro...

Le ho scontornate per eliminare il grumo di plastilina che serviva a sorreggerle....

E sempre con 2 lampade da 500 watt..... d'estate poi era una goduria!!!

La foto qui sotto rappresenta una della migliaia di terracotte fotografate..... carinissima!!!

Perché proprio Seleucia?

Il mio direttore prima di iniziare l’avventura iraquena, dopo un approfondito studio di Erodoto, l’aveva scelta e non so in base a quali criteri.

L’Iraq è un paese incredibile: ovunque si vada, appena un pò fuori città e nelle vicinanze di siti archeologici che sono veramente tantissimi, è possibile, grattando un po’ il terreno, vedere affiorare dei reperti archeologici.

Magari non vasi interi o monete o terrecotte ma sempre qualcosa di veramente interessante.

Si diceva che il venerdì , giorno di festa, alcuni diplomatici, e in quel tempo le ambasciate straniere in Iraq erano veramente tante, andassero in giro nelle vicinanze di questi siti “for telling”.

Ora spiego cosa vuol dire.

“Tel”, in arabo, vuol dire collina (tanto per dire noi scavavamo a Tell Omar) e quindi andare “for telling”, neologismo creato per l’evento, voleva dire andare in questi luoghi, scavare e non tanto in profondità e razziare tutto quello che potevano trovare.

Poi con la valigia diplomatica potevano far uscire dal paese tutto quello che volevano….

I metodi di scavo erano poi a volte dissennati.

Ricordo che una volta eravamo andati in gita ad Ur e la missione tedesca invece di andare in profondità, scavando strato per strato, aveva creato una voragine profonda parecchi metri e si vedevano gli strati in cui affioravano frammenti di ceramica.

Nessuno degli archeologi seppe trovare una risposta ad un modo così poco ortodosso di condurre uno scavo……..

Nonostante la mia ignoranza in materia ricordo che rimasi veramente colpita.

Il nostro direttore invece usava un metodo non so se ideato da lui o copiato da altri che consisteva nel dividere lo scavo in quadrati.

Così era possibile registrare sul giornale di scavo tutte le notizie relative a quello che giorno per giorno veniva fuori sia per ciò che concerneva i materiali che per ciò che riguardava l’urbanistica del sito.

Ricordo ancora che una sera, i nostri erano tornati a casa pazzi di gioia.

Avevano trovato un tesoretto di monete d’argento raffigurante Cosroe II ancora avvolto in un sacchetto di tela.

Io lo fui un po’ meno.

Trovare un tesoretto di 387 monete vuol dire fare 764 foto, verso e retro anche se erano tutte uguali.

E ricordo anche che qualche giorno dopo andando al suq ne vidi UGUALI in un negozietto.

Ora io, dopo averne fotografare una ad una me le ricordavo bene….. ma non chiesi da dove venivano e come le avessero acquisite anche per un impedimento linguistico!!!

La nostra vita di missione non era per nulla travolgente.

Diventava presto una routine quotidiana.

Per chi andava sullo scavo, come ho già detto, voleva dire alzarsi prestissimo e, ancora addormentato affrontare un viaggio di 60 km in parte, il tratto più breve, su strade urbane e per il resto su strade meno agevoli.

Per chi restava in città voleva dire stare in casa tutto il giorno, rintanarsi o nel gabinetto fotografico con il condizionatore che andava a palla, a sviluppare e stampare o fotografare in altri locali reperti dal mattino alla sera.

Qualche volta, tanto per dare una botta di vita alla mia giornata saltavo il pranzo e andavo a piedi al suq.

Da sola.

Bastava o prendere uno di quei microbus stipati all’inverosimile di gente oppure andare in taxi o, appunto andare a piedi.

Bastava andare, per recarsi al suq “safafir”, il suq del rame, dal ponte, quello vicino a casa all’altro, attraversarlo arrivando così in Rashid Street la via più importante e caotica di Bagdad.

La città è divisa dal Tigri e le due parti sono collegate da 7 ponti per cui anche con il mio senso di orientamento pari a zero riuscivo, senza perdermi, recarmi a destinazione senza problemi. Se ciò fosse avvenuto non so cosa avrei potuto combinare!!!!

Acquistai tutto il possibile, piatti, vassoi, samovar, tappeti e non solo lì ma anche in Saadun Street dove all’epoca numerosi erano i negozi gestiti da iraniani, stoffe nel vicino suq delle stoffe e spezie.

Il suq delle spezie era poi un tripudio di colori e di profumi.

Montagnole di polveri colorate e tutte di tonalità calde erano disposte in bell’ordine sui banchi.

L’unico problema era rappresentato dal fatto che non conoscevo l’utilizzo per la maggior parte di esse per cui le mie scelte furono limitate, ma acquistai chiodi di garofano (ne ho ancora) cannella in stecche e in polvere, zafferano (il più caro) curcuma, noci moscate e altro ancora.

In questo suq non ebbi modo di contrattare ma ogni singola cosa, ogni acquisto era preceduto da una accanita contrattazione e alla fine divenne una cosa estenuante anche perché essendo io bravissima lo facevo anche per gli altri.

Poi tornata a casa , a Torino, mettevo le spezie in sacchettini con l’indicazione del contenuto e li regalavo per Natale.

Un successo!!!

Potrebbe essere un’idea per chi mi legge, ma sicuramente sarà già venuto in mente.

La sera come ho detto in precedenza dopo cena si faceva poco ( e parlerò in seguito di come ho cominciato a flirtare con colui che divenne mio marito, perché ciò avvenne alcuni anni dopo!!!).

Si leggeva, si scriveva a casa, si giocava a carte e per la precisione a scopa.

In una di quelle occasioni mancava il quarto giocatore.

Ora io sono un cane a giocare a carte, non mi piace, non ricordo le carte buttate dagli altri, non so contare i punti, ma…… mancava il quarto.

Allora il mio direttore mi invitò a prendere posto al tavolo da gioco.

Io ne combinai di tutti i colori anche se conoscevo qualcosa delle regole….. tanto per dire riuscii anche a scartare il settebello.

Insomma feci perdere la partita al mio direttore.

Che odiava perdere.

Che mi disse ringhiando sottovoce: “Quando non si sa giocare, non si gioca!!!!”

“Aspetta, pensai io, non mi freghi più!!

Qualche sera dopo mancava di nuovo il quarto…..

Il mio direttore mi venne vicino e mi disse con voce flautata: “Grazia , viene a giocare?”

Ed io gli risposi seria, seria: “IO CON LEI NON SCOPO PIU’ “

Questa fu la madre di tutte le gaffes!

Io ero veramente un’anima di dio e, giuro, non sapevo altri significati della parola in questione oltre a quello di ramazzare ….. frutto forse dell’educazione!

Ricordo nettamente che quella sera tutti i presenti sobbalzarono sulle poltrone, andandosi a rotolare dalle risate dietro le tende.

In seguito tutti quelli che arrivavano a Bagdad, facenti parte la missione, erano accolti all’aeroporto dalla frase :” Ma lo sai cosa ha detto Grazia a Gullini?”

Dopo tanti anni credo che qualcuno se lo ricordi ancora!!!