giovedì 31 gennaio 2008

Petra quanto mi manchi!!!-parte seconda




Tutti ricorderanno cosa successe l'11 settembre 2001 e quanto Bush si fosse convinto dell'esistenza in Iraq di pericolose armi di distruzione di massa nascoste chissà dove e, come fu poi verificato, mai trovate.
Ebbene per il Centro Scavi di Torino l'effetto immediato fu che il sogno vagheggiato di ricominciare gli scavi a Tell Omar rimanesse tale.
Mi dissero che alla fine di quell'anno una missione di studio andò comunque in Irak per lo studio, appunto, e la catalogazione delle ceramiche e che queste, una volta studiate, catalogate e custodite nella memoria dei computers vennero poi sepolte in una buca sullo scavo e sopra essa fu fatto passare un trattore. I funzionari della soprintendenza iraquena non le volevano nei loro magazzini.
Nel 2002 fu organizzata una seconda missione di studio.
Ricordo ancora la riunione che si fece in Dipartimento e il folto gruppo di studenti che vi doveva partecipare, i discorsi, le raccomandazioni che il capo della missione fece a coloro che in Iraq non erano mai andati, su cosa fare e soprattutto sugli atteggiamenti da non assumere una volta sul luogo specie per l'abbigliamento femminile.
La situazione politica non era per nulla buona e noi tutti eravamo molto indecisi se andare o meno.
Il nostro "portavoce" comunicò le nostre perplessità al Direttore Prof. Gullini, che purtroppo ora non c'è più e che io ricordo con grande affetto e gratitudine per tutto quello che mi ha insegnato, e fu violentemente tacciato di codardia.
Partimmo comunque. La missione doveva durare 2 mesi e noi portammo nelle nostre valigie ,oltre ovviamente ai nostri effetti personali, anche materiali di studio, carte fotografiche , pellicole, sviluppi, una valanga di roba insomma.
Il numero degli studenti partecipanti alla missione fu ridotto a quattro, quattro belle ragazze che arrivarono a Bagdad quasi tutte con l'ombelico di fuori!!
Partimmo il 13 ottobre 2002 ed io festeggiai in viaggio il mio sessantesimo compleanno, senza uno straccio di torta, ahimè. Il viaggio d'andata fu fatto interamente in aereo, ad Amman proseguimmo per Bagdad con un costosissimo volo sull'Iraqi Airways e una volta arrivati a destinazione proseguimmo direttamente per lo scavo perchè nella residenza di Bagdad non c'era posto per tutti.
La sistemazione era buona anche perchè Paolo ed Enrico, rispettivamente capomissione e ottimo restauratore si erano prodigati per renderla tale.
Ricordo ancora che alloggiavo in una graziosa camera singola all'esterno della quale, sotto la mia finestra , dormiva e russava una guardia armata di moschetto per la sorveglianza notturna.
Le missioni di studio erano due: una si doveva occupare degli avori di Nimrud da studiare al museo di Bagdad e l'altra delle terrecotte da catalogare e schedare sugli scavi.
Dovendole documentare entrambi io dovevo dividermi tra Bagdad e lo scavo trascinandomi dietro le mie macchine fotografiche (allora non avevo ancora la mia adorata Canon).
I problemi al museo di Bagdad erano rappresentati dal fatto che ci davano i reperti da studiare col contagocce, se li davano, e non potevamo dire nulla. Alla fine scoprimmo che regalando ogni mattina un pacchetto di sigarette ad un vecchio magazziniere potevamo aggirare l'ostacolo.
I reperti erano tanti, tanti frammenti d'avorio decorati con incrostazioni sagomate di lapislazzuli, disegni vari, finemente incisi, una meraviglia! Era un lavoro bello, mi piaceva farlo e se potessi averne l'occasione lo farei ancora.
Ma il mio lavoro non finiva lì.
Una volta uscite dal museo, alla fine dell'orario e cioè verso le 14, le ragazze venivano riaccompagnate agli scavi mentre io venivo depositata all'Istituto Italo-Iraqueno dove sviluppavo e in seguito stampavo il frutto del mio lavoro del mattino. In quelle occasioni rimanevo a dormire nella residenza cittadina.
Ma il mio problema, almeno all'inzio era costituito dal dovere prendere un taxi e spiegare al conducente, che spesso non parlava altro che l'arabo, dove mi doveva portare.
A Bagdad non ci sono vie nè numeri sui portoni delle case ma quartieri è come se uno salisse su un taxi e dicesse al conducente: "Mi porti alla Crocetta o a Mirafiori".
E così mi ero scritta su un quadernino il nome del quartiere , oltre al numero telefonico di casa, non si sa mai, e avevo localizzato dei punti di riferimento, ad asempio un muro di recinzione o un ritratto di Saddam in modo da poter dare indicazioni precise al conducente.
Purtroppo i tassisti per non perdere la corsa dicevano di sapere qual'era il quartiere senza sapere assolutamente dove poterva trovarsi.
E così una sera beccai proprio uno di quelli.
Costui mi portò a dire il vero abbastanza vicino, ma prese una scorciatoia, girò prima insomma, ed io non riconobbi più i luoghi.
Avevo voglia a dirgli che doveva esserci una ritratto di Saddam sulla sinistra mentre lui mi rispondeva che era pieno di ritratti a sinistra e a destra.
Alla fine abbastanza seccato mi scaricò proprio così mi fece scendere e se ne andò.
Io non sapevo assolutamente dove mi trovavo e cominciava a fare buio.

venerdì 25 gennaio 2008

Petra, quanto mi manchi!!!-parte prima


Credo che a poche persone sia capitato di andare ad Amman, Giordania, tre volte in cinque anni ed essere riusciti a non visitare Petra.
A me è successo.
La prima volta, nel 2001, molto probabilmente non sarebbe stato possibile in quanto pernottammo una sola notte ad Amman, presso l'Istituto Italo-Giordano. Dico pernottammo in quanto il mio gruppo era composto da 5 archeologi ed da me, fotografa, e la nostra destinazione era Bagdad verso cui proseguimmio a bordo di 2 enormi gipponi.

1200 kilometri di deserto su strade piuttosto buone .
Due soste, la prima al punto di controllo giordano, la seconda a quello iraqueno distanti poco più di due kilometri l'uno dall'altro.
Registrazione sui nostri passaporti dei computers e delle macchine fotografiche ( io avevo le mie due: la mitica Mamya RB76 e la Nikon che da sole mi occupavano un trolley da cabina).

Lo scopo del nostro viaggio era duplice: una parte degli archeologi aveva il compito di riorganizzare le case che avevamo sia a Bagdad che sullo scavo, distante 60 km. , per essere in grado di riprendere gli scavi, interrotti nel 1991 all'epoca della guerra del Golfo.
Il secondo gruppo, composto da un archeologo e dalla sottoscritta era legato al progetto B.RI.L.A.
Questo acronimo sta per Bureau for Recovering and Investigation Iraqi Looted Antiquies (si può visitare il sito legato a questo progetto, molto ben illustrato).
In poche parole mancavano all'appello almeno 3500 reperti rubati, spariti o semplicemente dislocati in altri musei del paese. La loro sparizione non era però legata all'evento bellico.

Il mio compito consisteva nello stampare i negativi degli oggetti mancanti, foto che venivano poi scannerizzate e inviate in Italia ad una sezione dei carabinieri e all'Interpol per controllare se questi reperti erano apparsi nei circuiti del mercato clandestino.
E in un mese ne ho stampata una valanga, in condizioni non sempre ottimali, spesso al freddo ( a Bagdad a febbraio fa abbastanza frescolino) con un ingranditore fermo da almeno 15 anni e mezzo arrugginito.

Ma la cosa più bella, come al solito, dopo il lavoro, era andare al suq, ritrovare i vecchi rivenditori nel suq del rame che, dopo 25 anni si ricordavano ancora di me. e acquistare tante deliziosi oggetti che mi facevano sbavare come una lumaca.
Quando ho dovuto far entrare tutto nella valigia, non sbavavo più, ma mi venivano solo sudori freddi.

Finito il lavoro, e posso assicurare che bisognare veramente darsi da fare perchè i tempi erano stetti, la data della partenza si avvicinava e tutto doveva essere finito e consegnato alle autorità competenti, abbiamo ripreso la strada del ritorno sempre via terra.
Petra era un nome che mi accarezzava le orecchie, ma non era ancora un rimpianto.
La foto che orna questo post è stata scattata nell'albergo di Amman dove abbiamo soggiornato nel 2005, ed è un pannello di terracotta sistuato nella sala da pranzo.

sabato 19 gennaio 2008

I buoni propositi

Quando ero piccola, all’inizio dell’anno nuovo, ero solita formulare dei buoni propositi del tipo: sarò più buona (leggi più ubbidiente), anche se solitamente non ero una carogna, studierò di più, anche se mi facevo sempre un mazzo sui libri e andavo bene a scuola, non risponderò più ai miei genitori, questo sì (ma non è che li prendessi a parolacce, solo ogni tanto una risposta un po’ strafottente, altrimenti mio padre mi avrebbe steso come un tappetino) e così via.

Mi chiedo se ai giorni nostri qualcuno si impegni spiritualmente nel formulare dei buoni propositi e me lo chiedo perché da come vanno le cose credo sinceramente che ciò non avvenga più o, almeno, in misura minima.

Sarà cambiata l’educazione e quindi la famiglia?

Sarà cambiata la società?

Saranno cambiati l’ambiente di lavoro o di studio e il rapporto con il nostro prossimo?

Invecchiando ho imparato tante cose e, sicuramente, non ho finito.

Non ho finito di meravigliarmi di quanto la gente sia maleducata, arrogante, pressappoco, di quanto sia forte il senso dei propri diritti e trascurata la coscienza dei propri doveri.

Ci sono cose elementari da ricordare come ad esempio che ad ogni azione corrisponde una reazione e qui è d’obbligo essere più chiari.

Leggevo pochi giorni fa, sul quotidiano La Stampa, che due ragazzi e una ragazza, per fare uno “scherzo” ad un loro amico avevano creato un blog in cui sostituendosi all’amico stesso e scrivendo in prima persona , mandavano in rete dei post in cui venivano svelati i suoi gusti , le sue tendenze e, non paghi di ciò, anche il suo numero di cellulare per eventuali contatti telefonici.

Un bel giorno l’ignaro ragazzo ricevette una telefonata in cui l’interlocutore gli chiedeva un appuntamento per un incontro, precisando già che sapeva quali erano le sue preferenze.

Per fortuna la madre del giovane, prontamente, fece una denuncia ai carabinieri i quali, grazie alla polizia postale, scoprirono che la cosa andava avanti da almeno sei mesi, e anche e soprattutto chi erano gli autori dello scherzo i quali si mostrarono meravigliati per tanto clamore, ribadendo che il loro era appunto uno “scherzo”.

Le conseguenze sono state abbastanza pesanti in quanto ai ridanciano autori del blog sono stati contestati vari capi d’imputazione e spero che se non andranno in galera rimanga qualche traccia sulla loro fedina penale e al ragazzo sono costati mesi d’inferno duranti i quali non ha avuto il coraggio di uscire di casa per la vergogna, e la perdita dell’anno scolastico.

Purtroppo ci sono tanti, troppi casi di cattiveria gratuita, in casa , per strada, in ufficio, tante occasioni in cui se possiamo fare i furbi cercando di fregare il nostro prossimo ci sentiamo gratificati.

Concludo dicendo che per quattro giorni che dobbiamo vivere su questa terra vale la pena di essere così miseri, cattivi e poco generosi?

lunedì 7 gennaio 2008

Duemilaotto

Ce l’abbiamo fatta!!!
Siamo sopravvissuti alla sindrome prenatalizia, alla corsa più o meno sfrenata per l’acquisto dei regali, alle decorazioni della casa, agli addobbi più o meno ricchi e fastosi, a seconda dello stato d’animo e delle circostanze.
Io, per esempio, ho infiocchettato un po’ casa mia per poi trasferirmi velocemente in paese a causa della neve.
Per quei pochi che non lo sapessero abito in collina e la neve per me è un trauma in quanto rende le strade impraticabili e quindi, come ogni inverno (questo è ormai il 5°) mi trasferisco in paese, ho quindi raccattato il più possibile e ho inaugurato la mia casa invernale. Casa molto confortevole quest’anno, ben attrezzata, che mi ha consentito di preparare senza difficoltà il pranzo di Natale.
Come al solito ho preparato troppo e lo dovrò tenere a mente, se ci riesco, per l’anno prossimo.
La cosa insolita di questo Natale e dei giorni che sono seguiti è che, a parte me, sono stati tutti malati: mio figlio. la sua ragazza (a dire il vero sono arrivati a casa già compromessi da una fastidiosa sindrome influenzale che ha interessato praticamente tutti) poi mia figlia che ha saltato addirittura il pranzo, il suo ragazzo , mio marito e perfino mia madre, tant’è vero che ho suggerito di andare a Lourdes.
C’è stato lo scambio dei regali alcuni veramente belli, altri beh…. lasciamo perdere.
Comunque è andata e si sono rimessi tutti alla grande per il Capo d’Anno festeggiato a Milano, a Torino, ad Avigliana in casa e tranquillamente.
Io poi mi sono tirata a lucido cercando di mimetizzare una parte delle mie primavere, riuscendoci abbastanza.
Ero circondata da giovani più o meno sulla trentina, amici della figlia della mia ospite e, nonostante la lucidatura ,mi sono sentita un po’ vecchia quasi senza prospettive interessanti, mentre tutti gli altri ragazzi li sentivo alle soglie della vita, quella bella, piena di promesse, una vita insieme da continuare, una casa acquistata o da acquistare, la prospettiva di allargare la famiglia.
Ma quello stato d’animo è durato veramente poco.
Abbiamo cominciato a mangiare, ognuno aveva portato una quintalata di roba, a bere (gli altri con maggiore o minore moderazione) e poi c’è stato il Karaoke durante il quale mi sono svergognatamente esibita con la mia voce da mondina insieme alla mia amica (57 anni) cantando a squarciagola da sole o con altri quattro o cinque di quei trentenni di cui sopra, che usavano i cucchiai di legno o altri utensili a mò di microfono. E a mezzanotte i fuochi d’artificio ammirati sui bordi di una bella piscina e come panorama notturno i laghi di Avigliana che risplendevano di mille colori.
Bello.