venerdì 24 agosto 2007

Beyrouth (parte quarta)



Finalmente la mia archeologa ed io, rifattasi viva dopo il week end, cominciammo a prepararci per le riprese. Andammo di nuovo al parco archeologico di Ecmun per prendere visione di ciò che dovevo fotografare, per rendermi conto delle difficoltà da affrontare e per conoscere i due operai che mi dovevano aiutare. Così il lunedì mattina ,ancora inebriata per la bella giornata trascorsa a Baalbek, a bordo di una lussuosa berlina guidata da un autista della compagnia di taxi di cui la D.G.A si serviva e che avete visto al mio fianco nel post precedente, andammo a Saida, l'antica Sidone, perdendoci in un mare di chiacchiere. Credo di avere l'abilità di chiacchierare con chiunque, nella fattispecie Cristiana era una "vecchia" laureata del mio istituto che però non avevo conosciuto essendo io andata in pensione forse proprio quando lei aveva cominciato a frequentare le lezioni. Dopo circa mezz'ora eravamo a destinazione: prima tappa presso la guardiola del parco con assaggio di tisane varie che mi preoccupano sempre un pò perchè mi spingono alla ricerca di una toilette, poi l'incontro con i due operai che mi dovevano aiutare i quali però non conoscevano una parola di inglese. La cosa non mi preoccupava eccessivamente perchè ero certa che con la mimica e con le quattro parole in croce che ricordavo di arabo me la sarei cavata.
Quello che più mi turbava erano il numero delle colonne di cassette impilate ordinatamente dell'altezza di almeno 2 metri ognuna : forse erano almeno una decina. Non solo ,dovevo fotografare per ultime varie stele pesantissime e vari capitelli sparpagliati qua e là, nonchè altri capitelli, ma di straforo in quanto non rinvenuti nello scavo dell'archeologoga, ma che le servivano per studio e confronto.
L'unica cosa positiva consisteva nel fatto che avrei potuto fotografare all'esterno, avvalendomi della luce del sole: al massimo avrei solo dovuto usare un cartoncino bianco per schiarire le ombre : una pacchia insomma !!! questa illusione scomparve in breve quando mi resi conto che una volta all'esterno il sole andava e veniva , che c'era il vento che mi faceva svolazzare il fondo su cui si stagliava il reperto e buona ultima la pioggia.
Così , grazie al fatto che l'operaio anziano che chiamerò Abu Mohammed,( era infatti il padre del più giovane che appunto si chiamava Mohammed) fosse un elettricista ci potemmo organizzare per portare la luce all'interno del capannone.
Gli demmo ovviamente del danaro e così andò ad acquistare 1000 (mille) metri di filo elettrico e con quello fece due gruppi distinti di cavi che dalla guardiola ci portarono la corrente nel suddetto capannone , che distava dalla fonte di luce almeno 200 metri. E fu bravo anche perchè funzionò tutto subito..... subito ,diciamo il giorno dopo. Intanto Cristiana mi stampò le etichette recanti i numeri dei reperti da fotografare.
Ora per concludere questa chiacchierata e prepararvi alla prossima voglio dire che ho fotogafato in svariate condizioni: nel famoso Museo di Bagdad dove le prese elettriche erano un attentato alla mia sicurezza , all'aperto a fotografare monete piegata in due, perchè le fotografavo dall'alto,
ho caricato le lastre negli chassis davanti al Tak-I-Kisra sotto una tenda ed usando una specie di "mutanda" in cui introducevo lastre e chassis. Qui niente di eroico, ho usato uno di quei traballanti tavoli di plastica su cui ho poggiato i miei fondi colorati, per di più azzurri , e una pila di cassette per reggerli in piedi e il tutto per fotografare centinaia di questi: la prima foto rappresenta la maggioranza dei reperti . La seconda non ha richiesto molto impegno : le sono girata intorno come ad una top model. Bella vero?

domenica 5 agosto 2007

Beyrouth (parte terza con gita a Baalbek)


Come ho detto nel post precedente, superato l'attimo di smarrimento causato dall'abbandono della mia archeologa, ho pensato che comunque dovevo mangiare qualcosa e mi sono recata nella triste e vuota sala da pranzo dell'albergo, dove l'unico cameriere mi ha guardato con preoccupazione visto che ero la sola utente .Mi ha quindi servita mentre dava lezioni d'inglese al cuoco che doveva essere quanto meno filippino e che volenterosamente ripeteva tra uno sfrigolamento e l'altro le parole che l'altro gli insegnava.
Nel pomeriggio dopo un breve riposino, mi sono dedicata all'interessante visione dei programmi televisivi e mi sono fatta una cultura sugli spot pubblicitari. Bisogna sapere che in medio oriente vendono reclamizzati oltre ai prodotti della Ferrero tradotti in lingua araba , dei prodotti che qui non esistono più come ad esempio il Tide in polvere o anche Ola (anche a Bagdad si usava) la saponetta Lux che qui non compare se non nei supermercati e altri prodotti che ora non ricordo. Ma la cosa che più mi ha stupito è stata lo spot sugli assorbenti (esterni, ovviamente) : la ragazza che ne suggeriva l'uso era con il velo nero che noi in Iraq chiamavamo abaia.
Mi sono detta :" ma guarda come sono avanti!").
Non ricordo cosa ho combinato quel pomeriggio, ma ciò che mi ha stupito è stato sentire qualche parola d'italiano provenire dal balcone della stanza accanto (ero andata a fumare sul mio).
Il mattino dopo, era domenica, andata a fare colazione e questa volta la saletta era piena, sento di nuovo parlare nella mia lingua e con la faccia tosta che non mi manca, vado verso l'origine di quel suono melodioso e mi trovo di fronte a due signore un più giovani di me.
Ovviamente mi presento e scopro che le due dame provenivano dall'Università di Udine , una delle due era prorettore vicario, ed erano a Beyrouth, ospiti della D.G.A, per promuovere scambi culturali con il loro ateneo , non solo, ma che con gli stessi scopi avevano girato praticamente tutto il mondo.
Mi dicono che il loro programma della giornata contempla una gita a Baalbek e mi chiedono se mi voglio unire a loro.
Represso un nitrito di gioia,e raccattata la fedele e non ancora sfruttata Canon mi fiondo nella macchina con autista che avevano nolleggiato e voilà comincia la mia inaspettata e godereccia avventura.
Baalbek dista due ore da Beyrouth ma vi assicuro che non ce siamo accorte tante chiacchiere abbiamo fatto quasi da seccarci la lingua e, arrivate a destinazione, ci siamo recate nel parco archeologico dentro al quale si trova quel tempio , la cui foto sono riuscita ad inserire nel post (ce l'ho fatta finalmente).
Il luogo era eccezionale e non sto a descriverlo perchè altrimenti i capitoli diventerebbero ancora più numerosi, ma la cosa più bella è che mentre Elisabetta (una delle due) ed io ci perdevamo nell'ammirazione di tutto ciò che ci circondava Maila, il prorettore ci leggeva la descrizione del monumento, traducendo tutte le informazioni dalla guida in francese che consultava. per noi Mi ricordo che c'erano anche dei boyscout, ma un altro ricordo anche se di minore importanza affiora alla mia memoria.
Avendo ovviamente bisogno di una toilette ed individuatane una verso l'uscita ne ho approfittato. La mia meraviglia è dovuta al fatto che era linda, incredibile!!!
Vicino a questa c'era un bel mosaico stretto e lungo, e, soffermatami per ammirarlo, vedo l'addetta ai bagni ,che mi stava osservando, arrivare con un secchio e versare l'acqua ,in esso contenuto, sul mosaico stesso per renderelo più leggibile (la foto del mosaico,vicina a quella del tempio è quella a cui mi riferisco) .Veramente una grande cortesia!
Adesso basta con le foto, altrimenti rischio di viziare troppo i miei 25 lettori!
Uscite dal parco archeologico abbiamo fatto un giretto nella città specialmente in una specie di suq dove vendevano alimentari di ogni genere dove le mie nuove amiche hanno dedicato il loro interesse a bancherelle che offrivano dei semini e altre cose da sgranocchiare e ne hanno acquistato in quantità. Mentre parlavamo tra di noi ,ovviamente in italiano, il proprietario di una di quelle bancherelle ci rivolge la parola nella nostra lingua. Naturalmente la nostra sorpresa è stata grande anche perchè il suo italiano era buono. Alle nostre domande su come e dove l'avesse imparato questo signore, relativamente giovane, ci ha spiegato che in gioventù era venuto in Italia per studiare arte e una volta tornato nel suo paese non era riuscito a trovare altro lavoro che quello stava facendo in quel momento.
Poi su suggerimento del nostro autista ci siamo recate in una specie di ristorantino e qui abbiamo commesso una gaffe invitandolo a sedersi al tavolo per mangiare con noi e mettendolo in imbarazzo. Infatti considerandosi persona di "servizio" non era corretto per lui sedersi con i suoi datori di lavoro.
Dimenticavo di dire che oltre ai semini e porcheriole varie siamo andate anche in un negozio di souvenirs dove io ho acquistato per mio figlio una bella pistola a canna lunga tutta intarsiata di madreperla che , al mio rientro, ha fatto andare in fibrillazione gli addetti per il controllo bagagli quando hanno passato il mio trolley ai raggi x e hanno visto lo scheletro della pistola.(Per fortuna la mia spiegazione che si trattava solo di un souvenir li ha convinti).
Sulla strada del ritorno ci siamo ancora fermate per acquistare dei vetri moderni bianchi e blu in un negozio a cielo aperto ed erano tanto a cielo aperto che la polvere della strada e la pioggia avevano creato un a bella patina di sporco. Ovviamente ci siamo caricate come mule con l'idea di farne dei regali. Erano delle ampolline molto graziose che riprendevano in maggior parte antiche forme fenice :infatti ne ho avuto conferma quando ho visti i vetri dell'epoca nei musei e nelle varie pubblicazioni. Pensavo ,in buona fede, di farne regali per Natale : non ne regalato neppure uno, li ho tenuti tutti e 23 per me.
La giornata era stata veramente eccezionale e una volta tornate a Beyrouth l'abbiamo conclusa nella hall dell' hotel di fronte al nostro , perchè quella del nostro albergo non piaceva loro,brindando a coca e cola e birra.
L'indomani sarebbe stata una giornata di lavoro per tutte e tre.