mercoledì 5 dicembre 2007

IKEA, ovvero il talismano della felicità

Forse sono stata esagerata nel titolare questo post, ma per me e forse anche per altri, andare a fare acquisti per la casa, per renderla più funzionale o anche semplicemente più bella presuppone uno stato non dico di grazia, ma di buon umore interiore.
Chi, ormai, non possiede una cosina comprata da Ikea, chi non ci è solo andato a curiosare e si è poi ritrovato alle casse morto di caldo, con i piedi doloranti e soprattutto con il carrello pieno di cose assolutamente inutili ma assolutamente necessarie che costavano poco in modo imbarazzante e poi alla resa dei conti il "conto" più salato della sua storia?
Chi non ha fatto razzie di quelle deliziose matitine , chi non ha preso il caffè al bar, chi non ha acquistato le specialità svedesi (consiglio le polpettine di cervo in salsa di ribes), e un giretto al piccolo vivaio e dove vendono le stoffe a metro? Nel mio piccolo ho acquistato, devo confessare parecchie cosette aiutata nella scelta da mia figlia che non solo mi ha guidata, ma è stata un'abile assemblatrice.
Ricordo ancora con quale determinazione e caparbietà ha messo insieme uno scaffalino per il ripostiglio, una panchinetta che sostituiva un vecchio, orribile divano nell'ingresso e l'ho immaginata quando col suo ragazzo ha assemblato i vari mobili nella sua casina, cristonando come una dannata per tutte le difficoltà incontrate.
E me la immagino ora mentre prende misure, sfoglia pagine cartacee e telematiche, sempre della sua adorata Ikea! Il suo entusiasmo è palpabile, è contagioso, la sua gioia travolgente, e illumina le mie giornate che devo dire non sono comunque buie.
EBBENE Sì, MIA FIGLIA E MIO GENERO HANNO TROVATO LA CASA DEI LORO SOGNI.
E anche io comincio a sognare.
La casa più grande, la stanza per i bimbi.......

Trentuno



Non ho oziato fino ad ora.
Solamente e probabilmente ho fatto dei pasticci e non sono riuscita a collegarmi ad internet.
Ma finalmente e per la gioia dei miei 25 lettori sono qui a deliziarvi con le mie elucubrazione.
Ebbene sì, mio figlio ha compiuto 31 anni. Non è un evento storico e qualcuno mi potrebbe chiedere perchè non ho scritto qualcosa per i suoi 30 anni ma allora non era nato il mio mitico blog e quindi lo faccio adesso.
L'evento andava festeggiato con la scelta oculata dei doni e devo dire che è stato facile in quanto, avendo egli bisogno di cose utili per la sua casina milanese, Valentina ed io ci siamo orientate verso un microonde, un aspirabriciole e un set di cavatappi che gli è piaciuto in modo mostruoso, senza contare lo scatolone delle mille meraviglie scelte con amore dalla sua adorabile Anna.
Poi la scelta del menù per il pranzo di compleanno, cosa che mi riempie di ambasce ogni volta, e la cosa si ripete ad ogni occasione importante, i miei invitati dovrebbero avere 4 stomaci e un tempo infinito per assaggiare tutto se tutta la lista delle ricette scelte potesse essere eseguita.
Mi sono limitata a 6 antipasti (tutte new entry) ad un primo abbastanza elaborato, ad un secondo importante e a due dolci.
Ma i must di ogni pranzo di compleanno sono il cinghiale in crosta e il dolce con pan di Spagna ,panna e la mia mitica marmellata di castagne.
Tutt'intorno ci può essere di tutto ma quei 2 piatti non devono proprio mancare.
E poi il piatto forte è lui, il mio ragazzo che ogni volta, quando torna a casa mi sembra sempre più alto, o sono io che mi rimpicciolisco, sempre più bello, sempre più adorabile e devo dire che non mi sembra vero che abbia 31 anni. Anche allora la giornata era bella, freddissima, e quel pomeriggio quando mi avviai in sala travaglio con un giornale sotto il braccio, prontamente sottrattomi dal mio ginecologo, cominciò la mia avventura di mamma continuata 18 mesi dopo e ancora non finita!!!

domenica 11 novembre 2007

La felicità

Cesare Marchi,deceduto da non moltissimi anni, era un arguto professore di italiano.
Insegnava, non ricordo se nelle scuole medie o superiori, appariva in televisione e ci ha lasciato in eredità vari libri che trattano appunto la sua materia.
Io ne posseggo alcuni e spesso mi sono rinfrescata la memoria quando seguivo i figli negli studi. Analisi logica, grammaticale, verbi, paradigmi, aggettivi,sostantivi, sinonimi.
Per quanto riguarda i sinonimi ricordo ancora il suo personale raggruppamento di quelli relativi alla felicità e di quelli dell'infelicità e diceva che la famiglia della felicità era veramente ridotta e ne faceva un elenco di poche righe, mentre quella dell'infelicità risultava sterminata e occupava una buona mezza pagina.
Ora io non voglio sembrare un'entusiasta, una sempre allegra, lo sono spesso, una sempre zumpappà, ma all'alba dei miei 65 anni desidero fare un elenco delle cose, sensazioni, che mi rendono contenta, felice, soddisfatta, appagata e non sono grandi cose ma le cose del vivere quotidiano. Forse basta saper cogliere questi momenti per essere felici?
La felicità è svegliarsi al mattino contenti di cominciare un'altra giornata e non volersi ficcare sotto la moquette per non affrontare la vita.
La felicità è vedere che il tuo gatto ti guarda con occhi adoranti anche se assonnati, specie se ti sei svegliata presto (cercando di scacciare il dubbio che ti veda a forma di crocchetta).
La felicità è sentire il telefono squillare alle 8 del mattino e sentire la voce di tuo figlio che ti augura il buon giorno anche se magari approfitta di una sosta liberatoria in bagno.
La felicita è quando tra le 8 e le 9 di sera tuo figlio ti telefona di nuovo perchè ,magari, durante la giornata non s'è fatto sentire neanche su messenger perchè era occupato. E vi ritrovate tutti e due col cordless incastonato tra l'orecchio e la spalla mentre lui carica la lavatrice e ti chiede consiglio o mentre ti chiede cosa farne dei petti di pollo ancora congelati. E il filo diretto tra te e lui non si spezza mai.
La felicità è quando tuo figlio ti telefofona perchè gli sembra che il tono della tua voce non sia brillante come al solito ed ha paura che tu ti senta un tantino infelice, e allora tu capisci che la distanza è veramente azzerata, che lui è sempre lì con te con il suo amore e tengo a dire che non è un mammone.
La felicità è avere una bella pila di libri da leggere e avere voglio di leggerli.
La felicità è avere un computer ed essere riuscita a capire come farlo funzionare mettendo in gioco tutte le tue cellule grigie e le tonsille dei tuoi figli, che ancora sanguinano, e che si sono sgolati per farti capire cosa devi fare. Non è semplice alla mia età (ma io ce l'ho da tre anni) capire queste nuove tecnologie, ma il trauma l'avevo avuto anche prima con la digitale. Ma l'ho superato!! Alcune volte penso a delle signore che hanno anche 10 anni meno di me e con sanno leggere i messaggi sul cellulare.

La felicità è l'appuntamento gioioso e festoso alle 8.30 del mattino o alle 6 di sera quando telefoni a tua figlia che con la sua vocetta allegra esclama "Mammuccia" e vi fate compagnia sin quando lei arriva al lavora o torna alla sera e vi fate il resoconto della giornata.
La felicità è sapere che tuo figlio ha una fidanzata carina, non guasta mai, in gamba, che è felice anzi che sono felici e innamorati cotti e sapere che lei ha una marcia in più del normale.
La felicità è sapere che tuo figlio vorrà educare i suoi bambini nello stesso modo in cui è stato educato lui.
La felicità è sapere che anche tua figlia e felice e vive con un ragazzo adorabile, serio, lavoratore, e sono innamorati come il primo giorno e che saranno ottimi genitori.
La felicità è sentire ridere tua figlia come una cretina e mentre guida (l'avranno presa per pazza) perchè ha capito che tu hai mangiato del pesce al "porno" anzichè al forno senza riuscire a smettere.
La felicità è rendersi conto che è passato un giorno senza essere assaliti dal furore al ricordo di una separazione che ti ha rovinata la vita per parecchio tempo , ma comunque si è conclusa in modo civile.
La felicità è sentirsi dire che io tratto gli amici dei miei figli come fossero miei figli.
La felicità è vestirsi bene per il proprio piacere.
La felicità è vestirsi bene senza vendere un rene per comprare quattro stracci.
La felicità è avere amici veri, pochi, a cui telefonare anche solo due volte all'anno, per sapere se stanno bene , se tutto va bene, amore, lavoro figli, salute e sentire la gioia nella loro voce quando sentono che sei tu.
La felicità è apprezzare veramente la salute, quando c'è e cercare di "amarsi" non rovinandosi l'esistenza per delle piccole cose.
La felicità è andare a cercare delle cose speciali per fare un regalo anche se non costoso, cercato con costanza, con amore, immaginando già la faccia stupita, commossa del destinatario del dono.
La felicità è mettersi a cucinare delle cose golose e preparate con cura per i miei cari o da regalare agli amici in occasione delle feste o semplicemente quando li si va trovare.
Credo che potrei continuare ancora per un pezzo ma credo che per ora basti.
Mi accontento di poco?
Non credo.

giovedì 1 novembre 2007

Gli ori dell'Afganistan


Dell'Afganistan conoscevo e conosco ancora molto poco.
Attualmente ci sono le notizie che quotidianamente ci sconvolgono su questa guerra infinita che dilania il paese, guerra sempre e comunque presente nel paese anche andando con la memoria a tempi lontani.
Quando ero in Turkmenistan qualcuno del mio gruppo ,indicando il paesaggio circostante mi disse :"Ecco a destra c'è l'Afganistan e a sinistra l'Iran" o viceversa. Montagne innocue e maestose che svettavano all'orizzonte.
Andando ancora più lontano con la memoria ricordo un burka di seta verde drappeggiato su un pianoforte a coda nella casa di campagna di un architetto che aveva spesso lavorato in quel paese e sempre comunque legato all'Istituto di Archeologia e uno studente afgano che frequentava l'Istituto.
Si chiamava Sciai Bay Mustamandi e tentava disperatamente di laurearsi presso la nostra Facoltà ma c'erano grosse difficoltà col greco e con il latino che allora erano le basi indispensabili per frequentare e comprendere le fonti che dissetavano coloro che avevano una cultura classica.
Ma si laureò e impalmò una sua collega di studi. Lo ricordo ancora: alto,elegante ,un pò scuro di carnagione e sapeva cucinare "le coq au vin" ( lo preparava per la sua "bella"). Partirono per il suo paese , scavarono, frequentarono la corte del re che donò loro due levieri afgani, poi lei ritornò con un sotterfugio in Italia con i levrieri e con le palle piene, di sicuro del marito e forse anche di altro.
Chi non ricorda lo strazio dei Budda di Bamian che si sbriciolavano in una nuvola nefasta di polvere?
Ma ora c'è la mostra che bisogna assolutamente andare ad ammirare.
Lasciate i fuochi accesi, interropete le lunghe telefonate, disdite gli appuntamenti, lasciate cadere i mestoli, togliete di corsa i bigodini: ci sono gli Ori dell'Afganistan che vi attendono
Per fortuna hanno prorogato la mostra fino alla fine di novembre e c'è il martedì con orari da consultare in cui la visita è gratis.
Ma per le vecchie carampane come me c'è la riduzione sul costo del biglietto.
Ma 8 (otto) miseri euros non devono frenare nessuno. E' bella, ben strutturata, con incredibili oggetti in oro, appunto, ma anche avori, e vetri di ispirazione romana che ho apprezzato molto per la loro sistemazione museale, sorretti da una sottile camicia di plexiglass e altri disposti in una bacheca situata una saletta solo a loro dedicata. Ma quello che ho apprezzato molto sono stati gli ingrandimenti fotografici di alcuni oggetti dei corredi funarari e la loro collocazione sulle vesti dei defunti.
E poi se non siete spilorci,se non spaventa il peso e se non piove, come è capitato a me, c'è il bellissimo catalogo. La prima volta che ci sono andata ho avuto un attacco di tirchiaggine, non volevo spendere 40 euro, la seconda ed ero ben intenzionata all'acquisto, pioveva , il catalogo era pesante e lo avrei dovuto trascinare tutto il giorno durante le mie scorribande in via Roma.
E ho rinunciato!!!!!
A proposito non sono riuscita a mettere nessuna foto. Sono un cane!!!!
Doverosa appendice:qualunque mostra si vada a vedere, con lo stesso biglietto si può visitare anche il Museo Archeologico. Sono esposti in modo ammirevole una quantità incredibile di reperti archeologici.
Ne vale veramente la pena!!!

lunedì 22 ottobre 2007

Mercatini,che passione!

Le mie incursioni nei mercati rionali sono incominciate circa 40 anni fà. Allora la mia compagna fedele e assatanata, quasi come me, era mia madre e posso assicurare che nei negozi di quasi ogni genere ci siamo andate veramente poco.
I prediletti erano i banchi dei blocchisti e credo proprio ne nessuno abbia dubbi sul significato di tale termine, e anche ora sono i migliori, quelli da frequentare con assiduità e con costanza.
Superata la frenesia dei primi tempi, si diventa più selettive e se non si trova quello che ci sta veramente bene e soprattutto sia conveniente nel prezzo si passa oltre e...... si aspetta.
C'è da dire che gli ambulanti si sono fatti furbi e spesso è meglio aspettare i saldi dei negozi, dove almeno si può provare ciò che ci interessa in un camerino, al caldo, con uno specchio invece di doversi inerpicare all'interno di un furgone, tra scatoloni di merce e attrezzi vari.
Può fino ad una certa età essere ancora divertente.
Consiglio di andare al mercato con una gonna perchè è molto più comoda quando si vogliono provare altre gonne o pantaloni, ma ho visto anche signore più o meno della mia età, a togliersi la camicetta, rimanere col body e, veramente coram populo, provarsi camicette o abiti incuranti degli sguardi degli astanti.
Consiglio di tenere d'occhio anche le boutiques che chiudono dove spesso ci sono dei carrellini su cui sono appese gonne di taglia piccola (vedi 42 o 44), o pantaloni, ma non si deve spendere più di 10 euro altrimenti non ne vale la pena e soprattutto può essere saggio approfittare delle occasioni anche se non se ne un bisogno immediato.
L'ultimo colpaccio l'ho messo a segno circa un mese fa. Oggetto una borsa Coccinelle. Richiesta 30 euro offerti e pagati 20. Qualche tempo fa ho acquistato due borsette della Roncato pagate complessivamente 38 euro e potrei continuare all'infinito. I miei figli ,quando erano piccoli, spesso avevano capi firmati e così ho continuato fino ad ora.
Con molta soddisfazione mia figlia condivide la mia passione per non parlare della ragazza di mio figlio e quando ci troviamo tutte e tre ci devono cacciare dal mercato a scudisciate!!

sabato 20 ottobre 2007

L'infanzia


Ho un'amica, una cara amica, che ha quasi la mia età e cioè 65 anni.
Ha un problema grosso e cioè sua madre, una madre che non l'ha mai amata nè quand'era piccola nè ora che sono anziane tutte e due. Una madre che lei segue quotidianamente , anche se è sistemata in una casa per anziani. Va da lei tutti i giorni, le porta i fiori, l'uva, quand'è stagione, non la sua che non le piace, ma quella acquistata al negozio, i cioccolatini, il gelato, la biancheria lavata e stirata.
Quando ha un malanno fa il diavolo a quattro fin quando non è visitata e curata a dovere, va a lamentarsi con le infermiere quando nota che qualcosa non è fatto a dovere, insomma le sta dietro con affetto, devozione, rubando tempo alla sua famiglia e a tutti gli impegni che si possono creare.
Da aggiungere che ha una sorellastra che brilla per la sua assenza ma che strappa un sorriso radioso alla vecchia madre quando si degna di andare quelle poche volte in un anno.
Ma per la mia amica questo sorriso non c'è mai, non c'è mai un piccolo grazie sussurrato, c'è sempre e solo un muso duro, una faccia arcigna. Mi ha detto sempre la mia amica: "Mia madre, non l'ho mai vista sorridere".
Però non si lamenta, solo qualche volta, quando il cuore è gonfio accenna a qualcosa, con gli occhi che le si riempiono di lacrime e per me è doloroso vederle apparire.
Da piccola, quando rimase orfana, venne affidata alla nonna e con lei rimase anche quando questa "madre" si risposò, dette alla luce un'altra bambina, e fin quando questa nonna morì.
Allora la riaccolse in casa, ma la mandò a 10 anni a fare la sguattera e la servetta in una casa di riposo che la ospitava anche per la notte.
Non so altro e ripeto che qualche volta le sfugge qualcosa, ma il suo dolore è grande, continuo e cesserà forse quando questa orribile, lucida e cattiva vecchia chiuderà gli occhi.
Spesso c'è mancanza di amore per questi bimbi indesiderati, considerati come un fardello, sentiti come un peso una palla al piede.
In Romagna, terra allegra, fantasiosa, passionale una donna rimasta incinta di un bambino indesiderato, lasciò un segno indelebile su quel bambino non voluto , lo registrò all'anagrafe col nome "An te vleva" cioè non ti volevo. Mancanza d'amore appunto e non oso pensare a che infanzia infelice quel bimbo, con quel nome, era destinato.
L'infanzia è il nostro giardino segreto pieno di profumi, di colori, di ricordi, che nessuno ci può togliere. Rimangono le sensazioni, le risate, i volti dei nostri genitori , i loro sguardi pieni di amore, le sgridate per delle marachelle, è insomma la nostra valigia che ci trasciniamo dietro per tutta la vita e che apriamo ogni tanto per ricordare e ricordare è bello quando è bello.
Quando ero piccola, e la mia famiglia era composta da solo 3 persone, (il mio adorato fratello è arrivato molto dopo), con i nonni adorati lontani in meridione, non c'erano problemi, papà e mamma si volevano bene e ne volevano a me e tanto, non c'erano litigi, ci si accontentava di poco, si era subito dopo la guerra,ma non ci mancava niente.
Ogni tanto qualche scappaccione, ero e sono molto vivace, e forse volevo più bene a mia madre, più indulgente, che a mio padre, ma ora che sono veramente grande e da un pezzo, ho rivalutato e di molto la figura di papà, persona pulita, onesta, grande lavoratore, dedito alla famiglia e senza grilli per la testa. Si lavorava molto, infatti mia madre faceva la sarta e lavorava in casa e anche io, piccolina, aiutavo a cucire e ricordo che la sera cucivamo tutti e tre ascoltando le commedie alla radio e quanto erano belle e avvincenti!
Regali pochi, c'era ancora la guerra alle spalle ma l'eredità più importante lasciatami da mio padre è consistita in un gran senso del dovere,in grande amore per lo studio e in grande affetto
A proposito quei bimbi nella foto sono i miei.
Sembrano molto felici e, per fortuna, credo proprio che anche ora abbiano la stessa espressione, anche se sono passati veramente tanti anni.
Ringrazio il cielo e la terra per la mia fortuna.

mercoledì 17 ottobre 2007

Maledette castagne.it

Ottobre,mese per me fatale.
Cadono un di capelli, per fortuna ne ho tanti, compio gli anni e cadono le castagne.
Potrebbe importarmene poco a parte il fastidio di rastrellare i ricci che riempiono la mia stradina privata e, in quanto tale, se non faccio qualcosa io o quelli di casa ( vedi mio marito quando c'è, o mio figlio quando la vergogna lo sovrasta) rimane così ingombra di ricci o foglie a seconda delle stagioni.
Potrei anche ignorare le castagne che saltano fuori dai ricci, ammiccano, mi chiamano, mi invocano per essere raccolte, poi arrivano gli appelli degli amici di Simone,mio figlio, del tenore: "tua madre fa la marmellata?" E quindi comincia la frenesia della raccolta.
Mi dico: non più di mezz'ora, per volta, però!
Ma le volte sono state almeno sei o sette, mi sono rovinata le mani per tirare fuori le maledette dai ricci, anche se uscendo di casa mi ero ripromessa di raccogliere solo quelle già per terra, ma quelle più grosse dovevano essere conquistate a duro prezzo, con le spine che a volte mi foravano addirittura le scarpe.
Tornata a casa, pesata del bottino, controllata alle ferite di guerra, sperando che le spine dei ricci fossero ben visibili onde poterle estrarre subito ed evitare un'infezione e poi messa a mollo delle castagne in vaschette con cambio dell'acqua giornaliero.
Finalmente cottura delle stesse, 40 minuti in pentola a pressione, sbucciatura delle maledette ancora ben calde (così si sbucciano meglio, ed io mi ustiono che è un piacere!), quindi sposalizio con lo zucchero, cottura ed imbarattolamento.
Ultimo momento di goduria da parte di chi la riceve la degustazione con UN cucchiaino per volta un giorno si e uno no, e se se vuole mangiare di più che rilegga questo post!!!!!!

lunedì 1 ottobre 2007

Noriaki, il mio certosino (piccola ma doverosa appendice)

Per quei quattro o cinque lettori che non lo sapessero, l'iniziale del nome degli animali di razza indica l'anno di nascita.

Luna, la madre di Noriaki, Nimrod e degli altri tre fratellini, infatti è nata nel 2001, i suoi cuccioli nel 2003 .

Nel 2001 l'iniziale era la L nel 2003 la N.
Ho qui davanti a me il documento che elenca il nome degli antenati di questi gatti e giusto per stupire un pò circa la fantasia con cui li hanno chiamati voglio fare un piccolo elenco.
I nonni di Noriaki si chiamavano rispettivamente EGON DEL MAGICO RE ed EDELWAISS, i bisnonni HUGO DE BEAUTY BLU e WENDY.

Quasi mi vergogno un pò pensando che il mio bisnonno si chiamava Saverio e la bisnonna Rosa.
Comunque Ninì è veramente un tesoro, forse mi ripeto.
Ha un buon carattere e, anche se lasciato solo per un giorno non si vendica, non fa dispetti, credo che mangi anche poco e non faccia neanche la sua cacchina.
Certo non è molto affettuoso, ma anche gli umani sono così, io sbaciucchierei anche gli stipiti delle porte, lui si strofina un pò quando vuole una carezzina.
E' timido, infatti quando arriva qualcuno batte in ritirata, ma è anche curioso e dopo un pò arriva per esplorare l'ambiente e il visitatore.

Concludo questa piccola ma doverosa appendice, aggiungendo che gli animali che ci fanno compagnia danno pìù di quanto non ricevono infatti la loro presenza riempie il cuore delle persone anziane e sole, ma anche di quelle giovani e di tutti coloro che li amano .
Sono un impegno però e non da poco. Non mi riferisco solo al fatto che devono essere nutriti, puliti ,curati, vaccinati , devono essere sempre amati anche quando rappresentano un problema.
Mi riferisco a quando ci si deve assentare per lavoro o per FERIE. In quel caso ci si deve proprio organizzare e se si spendono centinaia di euro per andare in vacanza , bisogna metterne da parte un pò di più per un asilo presso centri organizzati che saranno cari ma non inaccessibili.
Io sono andata in Sardegna per una settimana e abitando in un luogo isolato non mi era possibile trovare qualcuno che potesse venire a nutrire il gattino.
Ai miei figli non piaceva l'idea di metterlo in un centro apposito, servito e riverito ma in una gabbietta che ci era sembrata veramente angusta.
La soluzione me l'ha fornita Valentina, che ringrazio ancora, e che aggiungendo altri 40 km. a quelli che fa ogni giorno è venuta a casa per rifocillare il gatto. Non solo ma ha passato un week end col suo fidanzato qui a casa mia.

Morale eravamo tutti contenti, la soluzione trovata con un pò di buona volontà, rispetto e amore per la creaturina di casa la quale non aveva certo chiesto di venire qui.

domenica 30 settembre 2007

Noriaki Il mio certosino



Ho cercato su internet per trovare il significato di
questo nome e non ho trovato nulla a differenza di suo fratello che si chiama Nimrod ed è riferito ad un personaggio biblico che ne ha fatte di cotte e di crude per poi finire ammazzato da Esaù, ma se qualcuno non si fida vada a verificare.
Comunque appena l'ho visto e diventato Ninì, santo per giunta!
Come si può vedere è di una bellezza travolgente con questi occhi arancione che conquistano immediatamente!
La nostra convivenza è inizia circa 4 anni fa quando mio fratello stufo di vederlo maltrattare dasua madre, Luna e da Nimrod, previa castrazione, l'ha parcheggiato con armi e bagagli da mia madre a Torino.
Io avevo fatto un pensierino circa la convivenza con un gatto ed in momento di debolezza mi sono fatta convincere. Sono andata a raccattarlo a Torino e credo che si sia espresso vocalmente per tutto il viaggio, visto che lo fa anche per percorsi più brevi. Ovviamente appena arrivato nella nuova casa si è dedicato ad una scrupolosa perlustrazione, ma quello che più lo ha attirato è stato il lavello della cucina e, nonostante avesse una capiente lettiera, ha depositato nel lavandino e per tre giorni consecutivi i suoi preziosi escrementi.
Devo dire che sono stata tentata di rimandarlo indietro da dove era venuto, ma poi con strategie varie,come ad esempio mettere qualcosa nelle vaschette, sono riuscita ad evitare che l'increscioso e poco igienico evento si ripetesse.Poi ho scoperto che non tollerava porte chiuse, specialmente quando andavo in bagno.
In effetti lo sentivo grattare con vigore e sembrava che dovesse scardinare la porta, ma non era su quella che manifestva il suo disappunto, ma sul mobile antico di fianco alla porta.
Devo dire che per parecchio tempo ho girato per casa con il resturo legno medio e scuro cercando di mascherare i suoi danni.
Per fortuna mia figlia mi ha regalato un complesso tiragraffi e così ha smesso di farsi le unghie sui mobili, sugli stipiti delle porte e ha smesso anche di sollevare la moquette.
Ninì ha veramente un carattere d'oro è dolce, affettuoso, a modo suo però! Quando vuole le coccole mi viene vicino e con la zampina mi tocca la gonna segue breve strofinatina sulla testa, ma se la coccola non è stata sufficiente i toccamenti si ripetuono più volte. A volte lo prendo in braccio e lui attende pazientemente che io abbia finito di strofinarlo , poi fa un balzo e se ne va.
In bagno ci andiamo sempre insieme, ho imparato la lezione!, a dormire viene sempre sul lettone e si incunea dietro l'incavo delle mie gambe. Adesso che fa freddo fa anche piacere!
A volte però facciamo letti separati e si ispira volta per volta: una poltrona, il letto di mio figlio, ma di preferenza dorme con me e certe volte cerca di occupare il posto centrale e cioè quello dovrei dormire io e allora non ho timori : quel piccolo boiler da 6 chili deve proprio sloggiare!

giovedì 20 settembre 2007

Beyrouth (parte sesta)

Scrivo quest'ultimo post relativo alla mia avventura vissuta a Beyrouth e sull'onda emotiva scatenata dall'ultimo attentato. E voglio allegare alcune foto scattate durante una bella serata tranquilla quando, ospite della mia archeologa, di suo marito e del loro bimbetto mi è stato concesso ammirare le vie del centro ricostruite dopo gli ultimi eventi bellici e che sicuramente ora saranno ridotti a cumuli di macerie, come del resto è avvenuto in gran parte della città.

Allora la vita era tranquilla, si poteva circolare liberamente, c'erano i Babbi Natale per le strade, le ragazze giravano con i pantaloni con la vita bassa e tutto sembrava potesse continuare così. Sapevo però che esisteva questa sudditanza di Beyrouth nei confronti della Siria e che se al governo dovevano prendere decisioni, partivano per Damasco. Non credo fosse un segreto per nessuno e i fatti hanno e stanno dimostrando ampiamente quanto a me detto e che qui sto riportando. Mi sono chiesta in questi anni quanto potesse bassa la qualità di vita di coloro che quotidianamente affrontano il problema di "vivere" nel senso letterale dalla parola, il sapere se uscendo di casa per andare a lavorare o per andare a fare semplicemente la spesa hanno qualche probabilità di riuscire a salvare la pelle! Probabilmente le persone più abbienti sono riuscite ad andarsene all'estero ma credo che questa sia un'esigua minoranza.

Cosa ne sarà stato di Bilal, l'autista, che oltre al suo lavoro desiderava trovare moglie, e di Abu Mohammed e di suo figlio che lavoravano per poco più di un pezzo di pane e tutti gli altri come loro che non riescono a vedere la fine di queste guerre, di questi attentati e di tutti questi orrori.
Il mio pensiero va ogni giorno a Bagdad che non era già un granchè nel 2002 ad esclusione delle zone ricche ed opulente. Il mio pensiero va a Ghiliana il nostro cuoco che aveva 70 anni e a sua moglie Mariam e alla figlia che faceva le pulizie nell'Istituto Italo-Iraqueno, alle ragazze del Museo che vedevamo ogni giorno e ai venditori dei suq del rame e delle spezie dove amavo andare ogni tanto.
Come faranno a vivere a sopravvivere? Non riesco a scrivere altro e tantomeno amenità, altro che pensare ai regali di Natale e stupidaggini varie!
E non lamentiamoci mai più!

Il Natale non è lontano (istruzioni per l'uso e sciocchezzuole varie)

Il ricordo delle corse agli acquisti, forti della tredicesima che ci ha fatto nitrire di gioia, l'incertezza se acquistare questo o quello o quell'altro ancora, i dubbi amletici che ci dilaniano: l'avrà già, andrà bene come misura, oppure cosa diavolo regalo quest'anno, sembra un ricordo lontano. Come pure sembrano lontane anni luce le abbuffate, il trascinarsi stanchi eppur sempre vogliosi da un pranzo all'atro quando ormai i glutei toccano terra e se si dovesse prendere l'aero col culone che ci è venuto pagheremmo l'extrabagaglio o quando delle graziose maniglie dell'amore si sono trasformate in maniglioni antipanico. Tutto ciò è ormai obliato ma...... fra un l'angoscia degli acquisti comincerà ad attanagliarci, a farci perdere il sonno e a nulla varranno propositi del tipo: quest'anno spenderò meno!

Quando ero giovane e i miei figli erano piccoli, avevo scovato un grosso negozio ,prima situato a Torino in V. Biancamano, poi trasferitosi in Corso Matteotti ingrandendosi, dove, senza vendere un rene, riuscivo ad acquistare giochi per i miei figli e per quelli dei miei amici e qualcosa anche per i grandi , la scelta era vasta e i prezzi convenienti.

Sono passati tanti anni da allora e voglio sfidare chiunque ad acquistare qualcosa per i bimbi di oggi e per i loro preziosi genitori, nonchè amici ed affini a trovare qualcosa di azzeccato che non ti spinga ad affidarti ad una finanziaria rapace.
Io, nel mio piccolo ho trovato il sistema, richiede un di buona volontà ma credo che funzioni.
Intanto ai piccoli ,se di famiglia o ai figli grandi ,esaurito il filone dei regali utili per la casa, va bene una leggiadra busta contenente del contante, se consegnata a mano. Lascerei perdere l'assegno così lo potranno spendere (sempre il contante) immediatamente senza aspettare di fare il versamento in banca. Io aggiungo anche una cosa carina ma non dispendiosa perchè la busta pur leggiadra mi sembra triste e solitaria. A tutti gli altri familiari, esaurito il filone delle collane ( mia madre ne ha ormai 53), dei libri che sono pur sempre graditi, ma se leggono molto c'è il rischio che lo abbiano già, dei CD costosi ma sentiti una volta...... EBBENE ECCO LA MIA TROVATA!!!!!!
Regalare cesti ripieni di cose da mangiare.

Fanno sempre piacere, durano abbastanza a lungo se l'ingordigia e la golosità non la fanno da padrone, sono belli da vedere, meravigliosi da confezionare e fanno sentire maggiormente l'affetto di chi li regala!

Intanto l'operazione regalo mangereccio comincia ,quando si può o se ne ha l'occasione, con l'acquisto nei mercatini o dove possibile dei cestini piccoli, medi, grandi , segue poi la scelta di barattoli di vetro di varie misure, per le marmellate vanno bene quelli da 400 grammi e per le salse o i chutneys che accompagnano i formaggi o le selvaggine o carni arrosto ovviamente quelli più piccoli tipo quelli che si acquistano per il pesto. Se la passione per queste preparazioni è grande ma non si è forniti di adeguata documentazione cartacea internet è una miniera inesauribile di ricette ed informazioni.
Io ho cominciato con la marmellata di cipolle rosse di Tropea, quella di melanzane, i chutney di mele e pomodori ecc. L'ultima nata è stata quella di peperoni rossi e peperoni gialli, una per colore e fino a Natale non so cosa combinerò.

Un ultimo consiglio: se volete andare sul sicuro fate assaggiare queste preparazioni da cavie ,scelte specialmente in famiglia che oltre ai nitriti di gioia sappiano anche criticare i vostri esperimenti.

A presto!!!!!

lunedì 17 settembre 2007

Caro Dott.Augias, rispettosamente.......

Sent: Wednesday, September 12, 2007 4:52 PM
Subject: Grazie!!!!!

Gentilissimo dott. Augias

Con sommo diletto sto leggendo i Segreti di Londra dopo aver letto tutti gli altri “Segreti” e desidero ringraziarla per le belle ore che ha regalato a me e a tutti gli altri estimatori delle sue opere.

Mi sono sentita arricchita per tutte le cose che ho letto e le assicuro che sono rimasta sconvolta per la profondità abissale della mia ignoranza.

Mi sono anche chiesta: ma quanto lavoro di ricerca avrà fatto l’autore per scrivere questi libri? Non sono opere di fantasia e comunque anche per quelle è necessaria una adeguata documentazione.

Mi piace il suo stile, la capacità di coinvolgere il lettore, l’uso del linguaggio, l’arguzia, l’ironia e un sacco di altre cose , insomma TUTTO!!!!!

E vorrei anche pregarla di accogliere una mia supplica : quante altre città celano dei segreti non so ad esempio Mosca, Berlino, Bagdad ? per favore si sbizzarrisca e non mi faccia attendere troppo per continuare a nutrire le mie piccole ,povere cellule grigie.

Devo confessarle che avevo in mente di scriverle chissà quante belle cose profonde, intelligenti e mi sembra di essere al pari del sarto del Manzoni che aveva in mente chissà quali discorsi da fare al cardinale e se uscì con un “Si figuri”! E mi meraviglio di me stessa che sono una gran chiacchierona anche quando scrivo e concludo con un enorme Grazie.

A presto……. In libreria e comunque anche in televisione

Grazia Perrone

Ecco qui , a richiesta, ho pubblicato la lettera che sfacciatamente ho scritto ad Augias.

Non gli ho detto che è un piacere vederlo in televisione, che ha un bell'aspetto elegante, fascinoso, che comunica un grande senso di dignità, insomma, molto rispettosamente mi piace...... ma ciò che più ho apprezzato è che un intellettuale così impegnato e probabilmente con pochissimo tempo libero abbia trovato il tempo, e ...... la voglia di rispondermi anche se brevemente. Questione di educazione?

Ed ora segue la sua risposta : è breve ma mi ha fatto un grande piacere

Data: 13/09/2007 19.23.19
Oggetto: Re: Grazie!!!!!




grazie grazia
molto cordialmente, Corrado Augias

domenica 16 settembre 2007

Cucinare ,che passione!




Ho appena sfornato due crostate e in più,con gli avanzi della pasta frolla una certa quantità di biscotti. Siccome sono un tipo pratico e mi ero già un pò stufata ,i suddetti biscotti hanno forma di losanghe ritagliate con la "sprunella" come si dice in Romagna più conosciuta come rotella dentellata. Ma non sono sempre stata così brava e veloce, sono ,ora, apprezzata come una buona cuoca, ma quando mi sono sposata non sapevo neanche come si cuocevano le patate. Mangiare sì mi piaceva e apprezzavo molto la cucina semplice ma sostanziosa di mia madre che ancora oggi a 83 anni cucina bene e con fantasia in pura tradizione pugliese. Dopo i primi tempi gravidi di incertezze, di cazzate varie, come quella di mettere sul gas una pirofila da forno senza la retina di protezione, col risultato che la pancetta contenuta ,e che doveva servire per una carbonara, si spargeva per terra con i frammenti del contenitore tra le risate sganasciate dei mei ospiti, dico di errori così non ne fatti ma probabilmente altri sì ma non così eclatanti.
Allora non c'erano tante riviste di cucina come ora e alla televisione nessuno ti insegnava a fare un pranzo di 15 portate in 20 minuti! C'erano il testi sacri come l'Artusi, che nemmeno conoscevo e poche riviste tra le quali fondamentale era la Cucina Italiana che non era neanche tanto bella come ora ; parecchie foto erano in bianco e nero e la qualità delle stesse era piuttosto scadente, ma insegnava a fare e sempre nel modo giusto.
La cucina è fatta di tempi e di misure! Ci vuole manualità , fantasia, volontà e, all'inizio, poche ma solide nozioni base.
Io poi ho un amichetto che amo molto, poco ingombrante a volte un pò rumoroso, instancabile e bisognoso di poche attenzioni. So che anche lui mi ama di un amore sincero e disinteressato, compagno affiatato, sempre disponibile e aperto a mille avventure gastronomiche e mille scorribande nei vari continenti alla ricerca di sempre nuove emozioni.. Quando mi lascerà lo piangerò a lungo e andrò, mentre lo sto ancora piangendo, e al galoppo e nitrendo a trovare un sostituto magari più bello , più giovane ma possibilmente con le sue caratteristiche "somatiche".
Sto parlando dell'UK40 della Braun.......ma che cosa avete mai pensato?

sabato 15 settembre 2007

Caro PC

Il computer è entrato in casa nostra circa 16 anni fa, quando i miei figli , frequentando il liceo,probabilmente per uso didattico ne hanno sentito il bisogno. In principio e anche per lungo tempo ho creduto che il monitor fosse il pc ,forse anche perchè non avevo compreso l'importanza e l'utilità di quel parallelepipedo bianco celato sotto il tavolo. L'ho guardato a lungo con disinteresse, forse anche con sospetto, non comprendendo appieno la sua utilità.
Ho cominciato a emettere gridolini di stupore quando ho scoperto l'uso delle e mail e quando FIGLIADORATA detta anche Valentina scriveva un pezzo per l'Eco del Chisone cui entusiasticamente collaborava, e con un clic, e questo per me è stato il massimo, spediva attraverso" l'etere "il suo pezzo. Lo raccontavo alle mie amiche che spalancavano educatamente gli occhi ma non capivano nulla. Ricordo ancora quando Vale mi diceva che Google era un motore di ricerca, e non capendo la cosa, non interessandomi un ette di tutto ciò, la guardavo smanettare sulla tastiera con lo sguardo fisso, quello che assume il mio gatto quando va nella lettiera e con la stessa espressione persa nel vuoto fa pipì.
Poi è apparso il portatile di Simone l'altro FIGLIOADORATO, grosso , pesante quanto un macigno e col quale ne faceva di tutti i colori, smanettando come un dannato. Io lo ammiravo , stupita ma finiva lì.
Finalmente 3 anni c'è stata un'offerta interessante da Unieuro, mi sono fatta accompagnare prima da Vale affinchè valutasse la bontà dell'oggetto, poi anche da Simone. Alla fine l'ho acquistato, ho fatto un finanziamento e l'ho portato a casa.
E lì è rimasto per un bel nella sua bella borsa.
Devo dire che ho avuto lezioni pazienti da mia figlia ,a volte con accenti accorati per la mia inettitudine, vibrate e incazzate da parte di Simone che ad un certo punto esibendo le tonsille infiammate dal lungo strillarmi mi ha suggerito un ringhioso "VENDILO!!!!!"
Poi pian piano ho cominciato a capire, ma soprattutto a ragionare, ad inviare mail a fare il copia-incolla, a navigare su internet, ho A L IC E !!!!! tutto il giorno e l'aggeggio chiamato WIFI per non avere quel maledetto filo che attraversava la stanza e mi costringeva a fare un salto a forbice ogni volta che dovevo passare di lì e capitava in continuazione.
Poi a dire il vero potevo fare a meno di andare in palestra! Che figata, ragazzi anche tre pc collegati ad internet, o come dice mia madre (83 anni) ad indesit, contemporaneamente.
E le ricette che mi sono scaricate, e le cartelle che ho creato e tutte le volte che mi imbattevo in un termine strano andavo su Google e TAC sapevo tutto. Se compravo al supermercato per esempio "i peperoni" digitavo marmellata di peperoni ed orizzonti gastronomici incredibili si spalancavano davanti ai miei occhi increduli.
E le volte che mi dicevo "sto giusto mezz'ora al pc" e mi alzavo dalla sedia 3 ore dopo e solo perchè mi faceva male il sedere? E le migliaia di foto degli albums di famiglia che ho scannerizzato ( una mattina sono andata avanti per 6 ore!), e poi la figata di avere l'accoppiata digitale- pc , fare foto a manetta , scaricarle , sparpagliarle quà e là rinominarle con nomi sbagliati , rinominarle cristonando come una dannata, Ora ho anche Incredimail , giusto ieri sera l'ho installato e vi giuro sono andata fuori, in delirio completo , e poi ho mandato una e mail ad Augias il quale mi ha anche risposto : ho fatto capriole quasi tutta la sera. Sono matta? ma io ho 65 anni e ne vedrete ancora delle belle!

mercoledì 12 settembre 2007

Beyrouth (parte quinta)



Finalmente era arrivato il momento di entrare nel vivo del lavoro vero e proprio. Il tempo stava passando ed avevo a disposizione due settimane per concludere le riprese, anche se probabilmente sarei riuscita a spostare la data del mio rientro, nel caso fosse stato necessario.
Per me gli inizi sono sempre un pò difficoltosi, anche perchè spesso non ho la percezione delle difficoltà che anche se minime possono far rallentare il lavoro o bloccarlo per qualche ora.
Il fatto di avere la luce nel capannone però non allungava di certo il numero di ore lavorative, perchè verso le 15 o le 16, non ricordo, il parco archeologico chiudeva e così anche noi dovevamo uscire.
La mia giornata era così articolata : sveglia quando capitava alle 5 o alle 6 , raramente più tardi perchè purtroppo dormo poco, ed arrivare all'ora in cui si doveva scendere per colazione voleva dire trovare qualcosa da fare oltre a prepararmi per il lavoro : certo non ci vuole una vita per infilare un paio di pantaloni ed indossare un golfino ( per fortuna pur essendo a metà dicembre il tempo era passabilmente caldo) e mettere in borsa la Canon e anche la Nikon. Il borsone grande contenente il cavalletto le lampade e accessori vari era rimasto a Saida e quindi era una cosa in meno da trascinare. Finalmente arrivava il momento di andare a fare colazione e devo dire che dal punto di vista gastronomico era il momento più gratificante della giornata. Oltre al caffè, latte , brioches e certi deliziosi plum-cake , c'era anche frutta fresca in coppe su un letto di cubetti ghiaccio, pomodori ,cipolle crude (non penserete che le abbia prese!), e in contenitori costantemente riscaldati dei legumi che potevano essere fagioli o fave. Credo di essere un tipo pratico ed un pensiero mi aveva trafitto: ma io a pranzo cosa mai potrò mangiare? a colazione non mi posso certamente ingozzare come un cinghiale, perchè più di tanto non riesco a mangiare ma dopo qualche ora un pò di famuzza mi viene e pensando a dove dovevo andare a lavorare e quanto distante fosse il paese pensavo sarebbe stato difficile trovare una soluzione, ma IO la trovai .
Per fortuna ero la prima ad arrivare e così senza sapere nè leggere, nè scrivere, facevo scivolare in borsa qualcosa vuoi una brioche , un pezzo di torta, qualche formaggino e vai!!!!! Alle 8 Bilal, l'autista in camicia e cravatta ( la cravatta era obbligatoria per la sua compagnia di taxi), mi raccattava davanti all'albergo e dopo 35 minuti mi depositava nel parco archeologico dove, ad attendermi c'erano già i miei aiutanti. La nostra diventò subito una vera catena di lavorazione: Abu Mohammad predeva una cassetta più o meno pesante che conteneva i pezzi architettonici ancora sporchi della terra di scavo,seguiva la spazzolatura, la ricerca sul pezzo del numero d'inventario, operazione non sempre facile in quanto alcune volte non era leggibile, la ricerca del corrispondente numero sulla lista che mi aveva dato Cristiana , posizionatura sul tavolo delle riprese, collocazione del metrino su cui avevo fatto aderire il numero che avevamo individuato nella lista, piazzamento delle luci e quindi uno, due o più scatti a seconda della complessità delle decorazioni, modanature, fregi e quant'altro.
L'archeologo deve avere a disposizione tutti gli elementi importanti che caratterizzano l'oggetto, l'illuminazione deve mettere in evidenza le modanature, come in questo caso , o se si tratta di terrecotte o di monete deve vedere anche quello che non sempre è "leggibile" e che una luce orientata in modo particolare rende possibile.
Senza contare il fatto che le mie foto sono spesso l'unica documentazione che ha del reperto, specialmente quando lo studio viene fatto a distanza dal luogo di conservezione dell'oggetto o quando lo stesso non è più facilmente reperibile.
Spesso anche quando gli oggetti erano spazzolati erano ancora talmente pieni di polvere che dovevo pulirmi le mani prima di toccare le macchine fotografiche.
Erano veramente bravi i miei aiutanti , bravi, gentili, pronti, intelligenti, adorabili. Ogni volta che mi porgevano qualcosa li ringraziavo con un "grazie" in italiano e sono sicura che mi capissero.
Il giovane Mohammed poi mi seguiva con particolare attenzione: quando dicevo "kadima" cioè vecchia sapeva che doveva andare nella borsa che conteneva la Nikon e portarmela anche perchè la "gidida" era la piccola Canon.
Quando l'oggetto da fotografare era particolarmente pesante e non volevo spostarlo anche perchè avevamo avuto problemi di posizionameto ,mi spostavo io col cavalletto , lo chiamavo e gli facevo vedere nel display dove doveva andarsi a piazzare con lo sfondo. Capiva subito tutto ed intanto pensavo che un ragazzo così in gamba probabilmente non aveva studiato nè avrebbe avuto la possibilità di farlo.
Ogni tanto interrompevo per fumare una sigaretta che offrivo anche ad Abu Mohammed, che gradiva molto , forse erano Marlboro e diceva che certe sigarette che fumava erano talmente pestilenziali che facevano cadere "matar" la pioggia.
Anche il problema pranzo fu risolto abbastanza in fretta , dopo uno o due giorni che ognuno si appartava per mangiare un boccone, alla fine consumavamo il pranzo insieme scambiadoci le nostre scorte.
Io davo a Mohammed i dolcetti , i formaggini, quello che avevo, insomma, e loro mi davano del pane arabo arrotolato che conteneva una specie di cosa zuccherina con fichi secchi che non era poi così malvagia. Poi ,inesorabile, arrivava il guardiano del parco e alè due o tre bicchieri di tisana, ma anche lì avevo risolto il problema della toielette, infatti avevo notato che a dispetto del fatto che dietro al capannone corresse una strada su cui transitavano in continuazione dei camions, contro in muro di contenimento era posizionati due grossi container ed io alla bisogna mi incastonavo come una gemma tra uno e l'altro. la prima foto è relativa al capannone dove lavoravo, la seconda rappresenta Mohammed.

venerdì 24 agosto 2007

Beyrouth (parte quarta)



Finalmente la mia archeologa ed io, rifattasi viva dopo il week end, cominciammo a prepararci per le riprese. Andammo di nuovo al parco archeologico di Ecmun per prendere visione di ciò che dovevo fotografare, per rendermi conto delle difficoltà da affrontare e per conoscere i due operai che mi dovevano aiutare. Così il lunedì mattina ,ancora inebriata per la bella giornata trascorsa a Baalbek, a bordo di una lussuosa berlina guidata da un autista della compagnia di taxi di cui la D.G.A si serviva e che avete visto al mio fianco nel post precedente, andammo a Saida, l'antica Sidone, perdendoci in un mare di chiacchiere. Credo di avere l'abilità di chiacchierare con chiunque, nella fattispecie Cristiana era una "vecchia" laureata del mio istituto che però non avevo conosciuto essendo io andata in pensione forse proprio quando lei aveva cominciato a frequentare le lezioni. Dopo circa mezz'ora eravamo a destinazione: prima tappa presso la guardiola del parco con assaggio di tisane varie che mi preoccupano sempre un pò perchè mi spingono alla ricerca di una toilette, poi l'incontro con i due operai che mi dovevano aiutare i quali però non conoscevano una parola di inglese. La cosa non mi preoccupava eccessivamente perchè ero certa che con la mimica e con le quattro parole in croce che ricordavo di arabo me la sarei cavata.
Quello che più mi turbava erano il numero delle colonne di cassette impilate ordinatamente dell'altezza di almeno 2 metri ognuna : forse erano almeno una decina. Non solo ,dovevo fotografare per ultime varie stele pesantissime e vari capitelli sparpagliati qua e là, nonchè altri capitelli, ma di straforo in quanto non rinvenuti nello scavo dell'archeologoga, ma che le servivano per studio e confronto.
L'unica cosa positiva consisteva nel fatto che avrei potuto fotografare all'esterno, avvalendomi della luce del sole: al massimo avrei solo dovuto usare un cartoncino bianco per schiarire le ombre : una pacchia insomma !!! questa illusione scomparve in breve quando mi resi conto che una volta all'esterno il sole andava e veniva , che c'era il vento che mi faceva svolazzare il fondo su cui si stagliava il reperto e buona ultima la pioggia.
Così , grazie al fatto che l'operaio anziano che chiamerò Abu Mohammed,( era infatti il padre del più giovane che appunto si chiamava Mohammed) fosse un elettricista ci potemmo organizzare per portare la luce all'interno del capannone.
Gli demmo ovviamente del danaro e così andò ad acquistare 1000 (mille) metri di filo elettrico e con quello fece due gruppi distinti di cavi che dalla guardiola ci portarono la corrente nel suddetto capannone , che distava dalla fonte di luce almeno 200 metri. E fu bravo anche perchè funzionò tutto subito..... subito ,diciamo il giorno dopo. Intanto Cristiana mi stampò le etichette recanti i numeri dei reperti da fotografare.
Ora per concludere questa chiacchierata e prepararvi alla prossima voglio dire che ho fotogafato in svariate condizioni: nel famoso Museo di Bagdad dove le prese elettriche erano un attentato alla mia sicurezza , all'aperto a fotografare monete piegata in due, perchè le fotografavo dall'alto,
ho caricato le lastre negli chassis davanti al Tak-I-Kisra sotto una tenda ed usando una specie di "mutanda" in cui introducevo lastre e chassis. Qui niente di eroico, ho usato uno di quei traballanti tavoli di plastica su cui ho poggiato i miei fondi colorati, per di più azzurri , e una pila di cassette per reggerli in piedi e il tutto per fotografare centinaia di questi: la prima foto rappresenta la maggioranza dei reperti . La seconda non ha richiesto molto impegno : le sono girata intorno come ad una top model. Bella vero?

domenica 5 agosto 2007

Beyrouth (parte terza con gita a Baalbek)


Come ho detto nel post precedente, superato l'attimo di smarrimento causato dall'abbandono della mia archeologa, ho pensato che comunque dovevo mangiare qualcosa e mi sono recata nella triste e vuota sala da pranzo dell'albergo, dove l'unico cameriere mi ha guardato con preoccupazione visto che ero la sola utente .Mi ha quindi servita mentre dava lezioni d'inglese al cuoco che doveva essere quanto meno filippino e che volenterosamente ripeteva tra uno sfrigolamento e l'altro le parole che l'altro gli insegnava.
Nel pomeriggio dopo un breve riposino, mi sono dedicata all'interessante visione dei programmi televisivi e mi sono fatta una cultura sugli spot pubblicitari. Bisogna sapere che in medio oriente vendono reclamizzati oltre ai prodotti della Ferrero tradotti in lingua araba , dei prodotti che qui non esistono più come ad esempio il Tide in polvere o anche Ola (anche a Bagdad si usava) la saponetta Lux che qui non compare se non nei supermercati e altri prodotti che ora non ricordo. Ma la cosa che più mi ha stupito è stata lo spot sugli assorbenti (esterni, ovviamente) : la ragazza che ne suggeriva l'uso era con il velo nero che noi in Iraq chiamavamo abaia.
Mi sono detta :" ma guarda come sono avanti!").
Non ricordo cosa ho combinato quel pomeriggio, ma ciò che mi ha stupito è stato sentire qualche parola d'italiano provenire dal balcone della stanza accanto (ero andata a fumare sul mio).
Il mattino dopo, era domenica, andata a fare colazione e questa volta la saletta era piena, sento di nuovo parlare nella mia lingua e con la faccia tosta che non mi manca, vado verso l'origine di quel suono melodioso e mi trovo di fronte a due signore un più giovani di me.
Ovviamente mi presento e scopro che le due dame provenivano dall'Università di Udine , una delle due era prorettore vicario, ed erano a Beyrouth, ospiti della D.G.A, per promuovere scambi culturali con il loro ateneo , non solo, ma che con gli stessi scopi avevano girato praticamente tutto il mondo.
Mi dicono che il loro programma della giornata contempla una gita a Baalbek e mi chiedono se mi voglio unire a loro.
Represso un nitrito di gioia,e raccattata la fedele e non ancora sfruttata Canon mi fiondo nella macchina con autista che avevano nolleggiato e voilà comincia la mia inaspettata e godereccia avventura.
Baalbek dista due ore da Beyrouth ma vi assicuro che non ce siamo accorte tante chiacchiere abbiamo fatto quasi da seccarci la lingua e, arrivate a destinazione, ci siamo recate nel parco archeologico dentro al quale si trova quel tempio , la cui foto sono riuscita ad inserire nel post (ce l'ho fatta finalmente).
Il luogo era eccezionale e non sto a descriverlo perchè altrimenti i capitoli diventerebbero ancora più numerosi, ma la cosa più bella è che mentre Elisabetta (una delle due) ed io ci perdevamo nell'ammirazione di tutto ciò che ci circondava Maila, il prorettore ci leggeva la descrizione del monumento, traducendo tutte le informazioni dalla guida in francese che consultava. per noi Mi ricordo che c'erano anche dei boyscout, ma un altro ricordo anche se di minore importanza affiora alla mia memoria.
Avendo ovviamente bisogno di una toilette ed individuatane una verso l'uscita ne ho approfittato. La mia meraviglia è dovuta al fatto che era linda, incredibile!!!
Vicino a questa c'era un bel mosaico stretto e lungo, e, soffermatami per ammirarlo, vedo l'addetta ai bagni ,che mi stava osservando, arrivare con un secchio e versare l'acqua ,in esso contenuto, sul mosaico stesso per renderelo più leggibile (la foto del mosaico,vicina a quella del tempio è quella a cui mi riferisco) .Veramente una grande cortesia!
Adesso basta con le foto, altrimenti rischio di viziare troppo i miei 25 lettori!
Uscite dal parco archeologico abbiamo fatto un giretto nella città specialmente in una specie di suq dove vendevano alimentari di ogni genere dove le mie nuove amiche hanno dedicato il loro interesse a bancherelle che offrivano dei semini e altre cose da sgranocchiare e ne hanno acquistato in quantità. Mentre parlavamo tra di noi ,ovviamente in italiano, il proprietario di una di quelle bancherelle ci rivolge la parola nella nostra lingua. Naturalmente la nostra sorpresa è stata grande anche perchè il suo italiano era buono. Alle nostre domande su come e dove l'avesse imparato questo signore, relativamente giovane, ci ha spiegato che in gioventù era venuto in Italia per studiare arte e una volta tornato nel suo paese non era riuscito a trovare altro lavoro che quello stava facendo in quel momento.
Poi su suggerimento del nostro autista ci siamo recate in una specie di ristorantino e qui abbiamo commesso una gaffe invitandolo a sedersi al tavolo per mangiare con noi e mettendolo in imbarazzo. Infatti considerandosi persona di "servizio" non era corretto per lui sedersi con i suoi datori di lavoro.
Dimenticavo di dire che oltre ai semini e porcheriole varie siamo andate anche in un negozio di souvenirs dove io ho acquistato per mio figlio una bella pistola a canna lunga tutta intarsiata di madreperla che , al mio rientro, ha fatto andare in fibrillazione gli addetti per il controllo bagagli quando hanno passato il mio trolley ai raggi x e hanno visto lo scheletro della pistola.(Per fortuna la mia spiegazione che si trattava solo di un souvenir li ha convinti).
Sulla strada del ritorno ci siamo ancora fermate per acquistare dei vetri moderni bianchi e blu in un negozio a cielo aperto ed erano tanto a cielo aperto che la polvere della strada e la pioggia avevano creato un a bella patina di sporco. Ovviamente ci siamo caricate come mule con l'idea di farne dei regali. Erano delle ampolline molto graziose che riprendevano in maggior parte antiche forme fenice :infatti ne ho avuto conferma quando ho visti i vetri dell'epoca nei musei e nelle varie pubblicazioni. Pensavo ,in buona fede, di farne regali per Natale : non ne regalato neppure uno, li ho tenuti tutti e 23 per me.
La giornata era stata veramente eccezionale e una volta tornate a Beyrouth l'abbiamo conclusa nella hall dell' hotel di fronte al nostro , perchè quella del nostro albergo non piaceva loro,brindando a coca e cola e birra.
L'indomani sarebbe stata una giornata di lavoro per tutte e tre.

venerdì 27 luglio 2007

Beyrouth (parte seconda)

L'albergo in cui dovevo soggiornare si trovava in un quartiere di hotels, ed era spesso utilizzato dalla D.G.A quando doveva ospitare personalità o, come nel mio caso, da tecnici. Infatti in seguito sarebbe arrivato un ingegnere che avrebbe fatto il rilievo topografico in Place des Etoiles in centro città. Le vicinanze erano confortate dalla presenza di supermercati e piccoli ristorantini che furono spesso la mia salvezza e ,spingendomi poco oltre, quando cominciai le mie esplorazioni trovai numerosi negozi d'ogni genere ma quelli che solleticarono il mio interesse furono quelli che vendevano oggetti caratteristici e souvenirs. Niente di eccezionale ovviamente ,ormai come acquirente ero abbastanza disincantata ma tornando a casa sotto Natale DOVEVO portare dei regali acquistati in loco. Consapevole che la mia capacità di orientamento era pari a zero giravo con i biglietti da visita dell'albergo , non si sapeva mai...
Il mattino seguente, la mia archeologa che si chiamava Cristiana venne a prendermi per portarmi come ho detto a Saida ,la città natale di Rafic Hariri ucciso nel febbraio 2005, per mostrarmi il luogo dove avrei dovuto lavorare per le successive due settimane. Ci vollero 35 minuti per arrivare al parco archeologico di Ecmun, scrivo il nome come lo ricordo, costeggiando il mare e in seguito vari paesini dall'aspetto polveroso come spesso capita in medio oriente. Venni informata che dovevo fotografare degli elementi architettonici scavati in centro città e le riprese sarebbero state effettuate a luce ambiente. Meno male ,pensai io, così non avrei dovuto usare lampade, studiare illuminazioni e complicazioni varie: un click dopo l'altro e via! Le mie illusioni svanirono presto come spiegherò in seguito.
Arrivate in loco trovammo un paio di ragazze della D.G.A che ci portarono verso una specie di capannone a cielo aperto coperto da lamiere e recintato da una rete metallica, ma...... la chiave per entrare non c'era (il funzionario che ce la doveva portare non era venuto) e quindi mi accontentai di guardare ciò che si trovava all'interno e cioè pile e pile di cassette di plastica situate vicino all'ingresso e poi una miriade di meravigliosi capitelli corinzi uno diverso dall'altro , frammenti di colonne e lapidi varie.
Accanto al capannone almeno due container che , mi venne detto, contenevano ceramiche e terrecotte, anche quelle da fotografare.
Io cominciavo a gongolare e pensai: "ma io da qui non me ne vado più, ne avrò per una vita!".
Il capannone era un po' rialzato rispetto al parco archeologico vero e proprio .
A dire il vero non mi sembrava un granchè a parte un pavimento a mosaico e vari muretti mezzo diroccati; a me piacciono le cose che stanno in piedi e che mi fanno capire così, a prima vista che cosa sono. I muretti che delimitano gli ambienti, le tracce di bruciato che facevano capire che là c'era stato un focolare e cose simili e fanno andare in delirio gli archeologi non mi dicono nulla.
Trovai invece molto interessante , al di là della strada, una coltivazione di banani con tutti i caschi avvolti in sacchi di plastica blu. Gli alberi erano bassi, pensai ad un bananeto di alberi nani, comunque alti o bassi non ne avevo mai visti prima.
Finalmente tornai a Beyrouth e la mia ospite, sposata ad un ingegnere libanese e madre di un bimbo piccolo, arrivate nella hall dell'albergo mi salutò e mi disse che il lunedì mattina sarebbe venuto un autista a prendermi.
E io pensai : O Madonna, fino a lunedì cosa ne sarà di me in questo posto che non conosco, con il mio inglese che tutti capiscono mentre invece io non capisco una mazza di quello che dicono?
Il problema immediato era quello di capire dove avrei mangiato: in albergo o fuori e cosa avrei fatto.
Ma di risorse come vedrete ne avevo.

mercoledì 25 luglio 2007

BEYROUTH (prima parte)

Anche Beyrouth è nel mio cuore e nei miei ricordi come tutti gli altri luoghi in cui mi è capitato di andare per lavoro e purtroppo non per diporto.
Quando dovevamo recarci a Bagdad per le varie missioni archeologiche facevamo scalo all'aereoporto di Beyrouth e cambiavamo anche la compagnia aerera che allora era , mi pare di ricordare, la M.E.A e cioè la Midle East Airline e già dai pasti serviti a bordo si percepiva il sentore dell'oriente che si avvicinava. Qualche volta abbiamo viaggiato anche con la Iraqui Airline e il sentore era ancora più forte.
Non rammento bene come era l'aereoporto di Beyrouth allora, ma è netto nei miei ricordi il fatto che nel 1975 era stata ultimato ed era veramente molto bello.
Vi atterrai nel dicembre 2003 con la mia Canon nuova fiammante nella borsetta e un borsone pieno di lampade , i loro sostegni, il cavalletto e tutto il necessario per le riprese.
Avevo portato anche la mia adorata Nikon perchè mi era stato detto che la Direction Des Antiquites voleva delle diapositive.
Ad attendermi c'era una archeologa italiana che non conoscevo e che doveva dirigere il mio lavoro . Mi accompagnò all'albergo , nella parte musulmana della città, presso cui soggiornai per le successive due settimane e mi diede appuntamento per la sera stessa alla sede dell'Unesco dove si svolgeva il festival internazionale del cinema.
Mi agghindai un , perchè , a mio avviso, per certe occasioni bisogna essere chic e , con un di apprensione mi tuffai nella notte a bordo di un taxi il cui autista , per fortuna mi portò a destinazione senza problemi.
La sala era molto bella con meravigliosi lampadari (appena mi ricordo come si fa, pubblicherò le foto) e la sala, molto accogliente, era impreziosita di comodissime poltroncine rosse.
Il film , con sottotitoli in francese non era noioso, ma in quel momento la cosa che mi premeva di più era trovare la sala del buffet per mangiare qualcosa, avevo infatti mangiato sull'aereo e non era un granchè.
Entrai quindi, una volta terminato il film, in un salone con lunghi tavoli ricolmi di tantissime vivande dall'aspetto e dal sapore molto orientale i cui vassoi furono letteralmente assaliti da un'orda di famelici degustatori.
Quando tutti si furono ingozzati fino alle orecchie, i vari camerieri rovesciarono tutti gli avanzi in sacchi neri della spazzatura e la cosa mi sconcertò un poco.
Uscita quindi da quella sala mi accorsi con stupore che era stata allestito un altro buffet nell'ingresso principale e i vari vassoi erano colmi di stuzzichini dall'aspetto e dal gusto più europeo e che comunque furono degni della mia attenzione.
Non ho mai detto a nessuno che nella stessa sera mi ero fatta due buffet e ora lo confesso pubblicamente.
Finalmente incrociai la mia archeologa che stava conversando con altre persone e che mi diede appuntamento per il mattino successivo per fare un sopralluogo a Saida ,l'antica Sidone, distante da Beyrouth cicra 35 km.
La mia avventura stava per cominciare!

venerdì 20 luglio 2007

Canon ti adoro (quarta ed ultima puntata, forse)

Ho lavorato come tecnico fotografo per l'Istituto di Archeologia per 20 anni e precisamente dal 1961 al 1981. Fino al settembre del '68 la sede provvisoria era in V. Po 18 e per quanto riguarda il gabinetto fotografico era situato in locali veramente poco idonei e poco attrezzati. Comunque riuscivo a svolgere il mio lavoro bene anche se in condizioni critiche.
Nel settembre del '68 ci trasferimmo a Palazzo Nuovo e certamente quasi tutti sanno dov'è e com'è.
Era veramente un sogno : locali nuovi, grandi, attrezzati come si deve e con apparecchi veramente funzionali, acquistati tenendo conto delle nuove esigenze. Ovviamente erano ancora in uso le apparecchiature che avevo adoperato fino ad allora perchè erano ottime , mentre alcune tipo la rotativa per essiccare le fotografie e l'essiccatore per asciugare le pellicole furono sostituite e quelle vecchie mandate a Bagdad.
Nell'Istituto si tenevano numerosi corsi e precisamente. archeologia orientale. cristiana , medievale, greca, romana ed etruscologia .
Ognuno di questi prevedeva la proiezione di diapositive, dispense illustrate con le foto relative alle diapositive proiettate (in tre copie) e schede con le copie a contatto.
Per cui ogni mattina o quasi arrivavano nel mio studio pile e pile di libri recanti all'interno dei foglietti su cui erano indicati i soggetti da riprodurre.
Non era però sufficiente prendere il libro metterlo sotto il riproduttore, bisognava anche eliminare le didascalie e isolare la foto dal resto della pagina. Seguiva lo sviluppo dei negativi. la stampa su materiale trasparente, la sistemazione di ogni singolo fotogramma nei telaietti i cui vetri doveva essere puliti a mano uno per uno: una palla pazzesca.
Questa era la routine da seguire durante il periodo delle lezioni, ma spesso dovevo finire di stampare le foto non solo degli scavi di Bagdad ma anche degli scavi che venivano fatti in Italia e cioè in Calabria e in Sicilia dove spesso sono andata a fotografare gli oggetti, sviluppando i negativi in albergo o in altri stambugi recuperati qua e là.
Insomma chi lavorava per l'Istituto di Archeologia diventava senza famiglia e senza patria!
Io ovviamente non facevo eccezione.
Devo aggiungere che ho fatto anche riprese fotogrammetriche sia a Bagdad che in Sicilia ,gigantografie su tela e carta, riprese, sviluppo e stampe a colori, riprese e sviluppo di diapositive , riprese di reperti, le famigerate bullae che però da sole con i buoni risultati ottenuti hanno creato la mia "fama". Le riprese, specie degli oggetti ,dovevano spesso essere buone per la pubblicazione oltre che per studio, quindi dovevo lavorare velocemente ma con un buon standard di qualità.
Il mio direttore diceva ai suoi colleghi che il Suo gabinetto fotografico era in grado di fare tutto, peccato che il "culo" me lo facessi tutto io.
Ora con le nuove tecnologie il lavoro si è notevolmente semplificato, fermo restando che la mano, il polso deve essere buono.
La mia consolazione , quando sono andata in pensione , è stata quella che per fare il lavoro che facevo da sola ci sarebbero volute tre persone.
Credo proprio che mi abbiano rimpianta!

giovedì 19 luglio 2007

Canon ti adoro Terza puntata

Come dicevo specialmente dopo il 1966 dovetti recarmi alla Mudiryah Mataf per fotografare degli oggetti perchè nel 1965, avendo risposto poco cortesemente a un giovane professore, fui "punita" dal direttore e non andai a Bagdad.
Chi mi sostituì , poco pratico, fotografò tutti gli oggetti della campagna di scavo con una Rollei 6x6, illuminandoli male e a grande distanza . Un orrore!!!
Ci recavamo in Soprintendenza verso le 9 ma prima di poter cominciare a lavorare ci voleva , di solito parecchio tempo. Parecchi giorni prima si doveva presentare la richiesta del permesso di fotografare gli oggetti con il numero di inventario e anno di Missione, attendere la concessione, e una volta ottenuta sperare trovassero i reperti nei loro magazzini che nessuno di noi ha avuto il bene di visitare.
I tempi di attesa erano biblici, i funzionari indolenti e quando portavano qualcosa speravamo che i pezzi fossero quelli richiesti e e non dati col contagocce. E soprattutto non potevamo protestare.
Gli stanzoni in cui ci era concesso di fotografare erano squallidi , le prese di corrente a cui mi dovevo per forza collegare vecchie e poco funzionanti (40 anni dopo erano ancora le stesse).
Io mi mettevo in un angolo con le mie lampade, il cavalletto e spesso usavo la valigia della Linhof per appoggiare un cartoncino che doveva servirmi da sfondo. Usavo delle basette di plexiglass su cui appoggiavo gli oggetti, un di plastilina per farli stare in piedi se ce n'era bisogno ,un metrino su cui scrivevo il numero d'inventario che doveva servire per l'identificazione e quindi cominciavo a lavorare come un treno perchè già alle13,30 gli impiegati che avevano fatto poco o nulla tutta la mattina si preparavano ad uscire.
A quel punto bisognava restituire gli oggetti che venivano riportati in magazzino , riporre le macchine, a volte ne avevo due , una per il bianco e nero e l'altra per le diapositive , e tornare alla casa della missione dove passavo il pomeriggio a sviluppare, stampare, a volte a sviluppare le diapositive. A volte mi sento eroica per tutto quello che riuscivo a fare.
In pratica , per quanto riguarda la ripresa non è cambiato nulla.
Se sono all'estero mi devo adattare alle condizioni "ambientali" che trovo : locali, prese di corrente , tavolini su cui appoggiare i fondali bianchi o colorati,che sono a elle e devono fungere da sfondo e piano di appoggio per gli oggetti, piazzare le lampade , cavalletto ecc.
L'importante è per me produrre del lavoro pubblicabile subito senza bisogno di ritocchi (photoshop per me è ancora un mistero) e fotografare l'oggetto da più punti di vista se è particolarmente bello o interessante o se mi ispira particolarmente . Spesso mi lascio prendere la mano e di riprese ne faccio veramente tante per la gioia dell'archeologo che se lo può studiare da tutti i punti di vista.
E soprattutto la cosa MAGNIFICA è che il mio lavoro finisce lì : non devo stampare , non devo fare diapositive devo solo scaricare su un PC (adoro anche quello) e consegnare il cd.
La prossima volta parlerò ancora di Bagdad e del mio lavoro presso l'istituto di Archeologia di Torino e quella è un'altra storia.

domenica 15 luglio 2007

Canon ti adoro ( seconda puntata)


Dicevo che la fase preparatoria e organizzativa per la missione consisteva nel radunare tutto il materiale.
Avevamo delle casse tipo militare, in legno, che venivano foderate con pannelli di polistirolo per preservare il materiale fotografico dal caldo. Esternamente con mascherine e spray veniva "scritto" l'indirizzo per l'andata e altrettanto veniva fatto per il ritorno.
Il viaggio, se non ricordo male, avveniva via mare.
A Bagdad dei funzionari dell'Ambasciata italiana curavano il disbrigo delle pratiche doganali e così finalmente dopo parecchio tempo dall'invio tutto il materiale che doveva servire per la Missione, comprese le casse contenenti i nostri effetti personali ,era arrivato a destinazione.
Le missioni a cui ho partecipato vanno dal 1964 al 1975 anno in cui ho smesso perchè avevo "famiglia".
Nella casa della missione (in seguito ne abbiamo avute tre via via che il numero dei partecipanti aumentava) avevo tutto per me un paio di locali attrezzati a camera oscura.Nel primo ,piccolino c'era la "rotativa" uno speciale apparecchio con un grosso cilindro di acciaio che serviva per asciugare le stampe e conferire ad esse l'aspetto lucido.Si mettevano le stampe su un nastro trasportatore di tela, passavano sotto il rullo d'acciaio e poi uscivano aciutte e lucide.
Il guaio era che questa smaltatrice era un modello vecchio che avevamo a Torino ,in Istituto ,ed era di una lentezza abissale, da suicidio. Insomma più che a elettricità andava a criceti morti.
Nella seconda stanzetta che era il vero cuore del gabinetto fotografico c'era un ingranditore due bromografi, per la stampa a contatto delle negative ed un lavandino che ospitava le vaschette per lo sviluppo. Avevamo anche un grosso filtro per l'acqua altrimenti le impurità dell'acqua ,la sabbia (ogni tanto c'erano le tempeste di sabbia) potevano finire sulle pellicole, rovinandole. Per ultimo c'era un armadio essiccatore che adoperavo poco a meno che non avessi fretta per evitare che la polvere ,comunque in circolo ,finisse sulle pellicole.
Una volta sistemato il materiale , la carta e gli sviluppi in scaffali e le pellicole in frigo , potevo cominciare a lavorare.
Il mio lavoro consisteva nello sviluppo e stampa delle foto di scavo e nella ripresa di "tutto" il materiale restaurato e inventariato.
Tre stampe 18x24 cm. per ogni negativo , ognuna delle quali aveva sul retro, scritto a matita e non a biro che poteva macchiare, il numero del raccoglitore e il numero del negativo relativo: una palla pazzesca.
Per gli oggetti dovevo registrare sul raccoglitore il numero d'inventario. Lo sviluppo e le stampe dovevo farle a Torino, al rientro dalla missione , perché le riprese avvenivano verso la fine della missione e il tempo era poco anche solo per sviluppare i negativi .
E poi c'erano le volte ,parecchie, che cavalletto in spalla, e non pesava poco, e valigia metallica della Linhof ( 50 cm. di lato) andavo a fotografare il materiale archeologico presso la Mudiriya Mathaf, la Soprintedenza iraquena, ma questo la prossima volta, se non siete morti di noia.
La foto che ho inserito è del 1968 credo ,eseguita sullo scavo e raffigurante tutti i membri partecipanti alla missione, compresi autisti e personale di servizio, facilmente riconoscibili.
Io non ci sono perchè lavoravo solo a Bagdad.